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Il mercato delle “autonomie differenziate”

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Penso che sul tema delle autonomie ne vedremo delle belle, come scrive Ferruccio de Bortoli sul “Corriere”: qualche giorno fa, Antonio Polito, sul “Corriere del Mezzogiorno”  chiamava le regioni del Sud a mobilitarsi per impedire “questo processo autonomistico del Nord”.  Il governo, per bocca del suo premier, ha affermato, nella conferenza stampa del 21 dicembre 2018, che procederà entro il 15 febbraio a definire insieme alle regioni interessate (Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna) l’autonomia “differenziata” prevista dall’art. 116 delle Costituzione. Ovvero per quella data ci dovrebbero essere le leggi che le Camere poi devono approvare sulla base dell’intesa tra Stato e Regione interessata. Ricordo, fra l’altro, che, nell’ottobre 2017, in Lombardia, su proposta della Lega e delle 5 S (intesa premonitoria del futuro), si fece un referendum, che costò 50 milioni. Anche il Veneto fece un referendum, mentre la Emilia Romagna svolse una iniziativa puramente politica. Ma la Lega, in Lombardia e in Veneto, promosse il referendum per tirare la volata alle elezioni del marzo 2018. Il PD si accodò e in particolare i sindaci del PD chiesero di andare a votare.

Ora, non entro qui nel merito delle richieste delle Regioni – materie e funzioni e, cosa più rilevante, le  risorse – sottolineo solo che il 28 febbraio 2018 Roberto Maroni, Luca Zaia e Stefano Bonacini hanno “firmato con il governo Gentiloni uno storico accordo sull’autonomia”. Adesso nel governo giallo-nero si avvertono delle tensioni tra Lega e 5 S, e addirittura all’interno della Lega.

“La posizione del Ministro degli affari regionali (“non ci sarà nessun aggravio sulla finanza pubblica: tutto sarà declinato in base al costo storico dello Stato regionalizzato per le materie trasferite”) contraddice il contenuto dell’accordo già sottoscritto con il governo Gentiloni. Non voglio neppure pensare che una leghista stia facendo marcia indietro rispetto a un tema così qualificante per il Nord. O forse la concezione centralista e assistenzialista del rito romano, interpretata dalle 5 S, sta già prendendo il sopravvento? Spero di no, ma i segnali negativi cominciano ad essere troppi. Mi riferisco anche alla frenata del sottosegretario per gli Affari regionali (5S), il quale ha manifestato seri dubbi sul fatto che la richiesta di autonomia potrà riguardare tutte le ventitré materie trasferibili alle regioni”. Lo scrive  Roberto Maroni nel suo libro “Il rito ambrosiano”.

Nessuna regione del Mezzogiorno ha fatto richiesta di autonomia e questo è un fatto politicamente significativo: non si chiede maggiore responsabilità nel creare risorse e reddito, si rivendica allo Stato i trasferimenti di risorse e reddito. Si aggiunga che il Mezzogiorno, con il voto del 4 marzo 2018, ha affidato in maniera massiccia alle 5S il compito di incrementare il reddito e il Prodotto interno lordo con l’assistenzialismo.

Appare del tutto evidente il tentativo delle 5S di frenare il processo di autonomia “differenziata” a difesa del Sud, viziato dall’assistenzialismo.  Quello che appare difficile è il ruolo della Lega nazional-populista, che non è più la Lega Nord: è la “Lega Salvini premier”, lanciata alla conquista di Roma e del Sud. Questa Lega fino a che punto è disposta a combattere per le esigenze del Nord ? “Non posso negare che sul fronte leghista, Matteo Salvini all’epoca del referendum sull’autonomia non si dannò l’anima. – sempre parole di Maroni – Anzi, qualcuno sostiene (ma io non gli credo) che abbia fatto il tifo per il no, temendo che in caso di vittoria i governatori di Veneto e Lombardia diventassero degli sparring partners troppo ingombranti. Eppure, come ministro dell’Interno, ha significative competenze in materia. Senza dimenticare che è il vicepresidente del Consiglio. Forse sta pensando che una maggiore autonomia delle regioni del Nord possa avere un contraccolpo eccessivo su quelle del Sud, che gli hanno tributato un milione di voti?”

Come si vede, c’è ampia materia per l’iniziativa politica dell’opposizione: si lascia che il confronto nazionale e nelle regioni vada a dopo le elezioni europee? Cosa, secondo me, a cui punteranno sia la Lega che le 5S.  Che posizione politica prenderà il PD in relazione alla “autonomia differenziata” e al mercato che le forze al governo si apprestano a fare sulle risorse per tale autonomia?  E del resto, una risposta a questa domanda ha un significato anche per le elezioni europee del prossimo maggio. Vogliamo una Europa delle regioni e delle autonomie, o una Europa delle sovranità nazionali, come è adesso e che sarebbe peggio domani se vincessero i nazional-populisti ?

Luigi Corbani

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