La più grande forma di disonestà è l’incapacità di svolgere il ruolo per cui si è pagati. Ma il peggio si raggiunge quando l’incapace è anche fanfarone. La Treccani definisce fanfarone:“Chi si vanta di aver compiuto o di poter compiere grandi imprese di cui non è realmente capace; spaccone, millantatore, smargiasso”. Mi piace anche il significato del termine arabo “farfār” : loquace, leggero, incostante.
Questo aspetto mi è venuto in mente quando il vicepremier, nonché Ministro dello Sviluppo Economico, nonché capo politico, padrone, o per meglio dire, cotitolare delle 5S, ci ha spiegato che grande risultato abbiamo ottenuto con i cinesi. Non contenti delle parole le 5S hanno twittato: “Accordo con la Cina. Il mercato italiano delle arance spicca il volo”.
A parte il fatto che mi piacerebbe sapere chi raccoglie le arance in Sicilia e in Calabria. Quelli del reddito di cittadinanza? O forse gli schiavi della baraccopoli di San Ferdinando (Calabria) che vengono pagati 50 centesimi a cassetta ?
Certo, al terzo produttore mondiale di un frutto di origine cinese (citrus sinensis) e che fa quattro volte la produzione italiana, piace l’arancia siciliana, con quei bei nomi: tarocco, moro, sanguinello. A parte il fatto che già il Ministro Martina e la Regione Sicilia avevano fatto l’accordo per esportare le arance siciliane, via mare e per via area, il fanfarone già il 5 novembre 2018 da Shanghai aveva fatto un twitter, rilanciato dalle 5S: “Buone notizie dalla Cina per gli agricoltori siciliani”.
Ma deve essere la passione irrefrenabile per le arance dei due padroni delle 5S a muovere tutto: alla battaglia delle arance di Ivrea, Casaleggio era impegnato come “falco del Castello”.
Non contenti, a Di Maio, con le arance, si è aggiunto quell’altro falco pellegrino della pianura padana del sottosegretario agli esteri, tal Di Stefano, che ci ha spiegato che gli accordi commerciali firmati valgono 2 miliardi, forse – in prospettiva – venti. Un successone, ha dichiarato alla radio. E qui mi sono veramente commosso: per la bontà del giornalista rai, che non gli ha chiesto a brutto muso “ma che…dice?” e per l’encomiabile e insuperabile faccia di bronzo del grillino. Abbiamo un disavanzo commerciale di quasi 18 miliardi con la Cina, esportiamo (2018) per 13 miliardi e importiamo per 31, e uno del governo si permette di prenderci in giro, vantando di avere sottoscritto un accordo commerciale per due miliardi!
A me brucia ancora lo schiaffo che ci hanno dato la Cina e la Francia due giorni dopo : accordi per oltre 41 miliardi, di cui 30 per la fornitura di 290 Airbus A320 e dieci A350.
Leggendo questa notizia, mi sono sentito umiliato e offeso per la cialtronaggine di questo governo, con un ministro degli esteri – anche in questa vicenda – assente, sparito nel nulla e con un Sottosegretario al Commercio internazionale e all’Attrazione degli Investimenti presso il Ministero dello Sviluppo Economico, entusiasta di un accordo “politico” con la Cina Sembra – ma non voglio crederci, sarebbe troppo grossa – che la stesura dell’accordo politico con il gigante cinese, andando contro l’Europa e gli Stati Uniti, l’abbiano messa in mano ad un ingegnere elettronico, ex banchiere di investimento (“senza grande successo” scrive il Foglio), “Assistant Professor of Finance” della sede cinese (a Ningbo, città a 200 chilometri da Shanghai) della University of Nottingham (44.000 studenti), zona famosa non tanto per l’università quanto per la leggenda di Robin Hood. Leggiamo dal suo curriculum: “Il suo lavoro di ricerca in Cina è stato rivolto a governi, società private e investitori, e mirato ad offrire raccomandazioni politiche orientate alla pratica e non accademiche, nonché consulenza sugli investimenti.”. Salvini lo aveva incontrato poco tempo prima del seminario del 2017 per stendere il programma elettorale della Lega. Scrive le “Formiche”: “Per Salvini, (Geraci) intende riadattare il modello cinese al sistema italiano”. Così.
Grazie a questi geni della politica, l’Italia ha cercato di fare la prima della classe firmando un “Memorandum of Understanding”, con tante ombre di natura geopolitica, non per il contenuto, ma per il significato politico della firma da parte di un Paese del G7. Così l’Italia è finita a raccogliere briciole e ad essere messa in un angolo dalla Francia, dalla Germania e dall’Unione europea, che insieme hanno preparato la strada al vertice tra Cina e Europa in programma il 9 aprile a Bruxelles.
Ma c’è una cosa importante, di cui forse per mia disattenzione non ho sentito parlare. Con la Cina si deve affrontare la politica verso l’Africa: una intesa con la Cina per lo sviluppo dell’Africa è essenziale anche sul fronte della emigrazione, della migrazione verso l’Europa, di fronte anche al boom demografico africano previsto nei prossimi trent’anni. La “via della seta” passa per l’Africa, nei programmi dei cinesi, che sono presenti in modo massiccio in gran parte di quel continente. Ma all’Italia non importa: ha la sua “via delle arance”.
Yanez de Gomera