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Una storia fiorentina di giudici e politici

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“Ho fatto un’esperienza dura, quello di stare sotto processo, massacrato dai media per otto anni, dal 2008 al 2016, quando sono stato assolto con la formula migliore, più assoluta “perché il fatto non sussiste”. In questo periodo, a parte la mia sofferenza personale, dei miei familiari, dei miei amici, ho imparato tante cose: ho imparato che abbiamo bisogno di riformare il sistema giudiziario, a partire dai magistrati, dagli attori principali. Dobbiamo metterli in condizione di non sbagliare e per farlo, bisogna che ci sia la responsabilità civile dei magistrati (e badate che la responsabilità civile il Governo Renzi l’ha varata, l’ha proposta, ma si è fermata, arenata al Senato, dove il Presidente del Senato è un alto magistrato, Grasso, persona degnissima, ma è un magistrato) e io vorrei che i magistrati non potessero più accedere al Parlamento, perché altrimenti si forma un connubio che non va bene. E voi pensate Violante è un magistrato e Scalfaro che ha fatto il Presidente della Repubblica ed il presidente della Camera era un magistrato, e potrei continuare. Quindi la responsabilità civile, chi sbaglia, paga: è l’unica categoria che può sbagliare senza pagare. Anzi nel mio caso, come nel caso di tutti quelli che vengono assolti, chi ti ha portato in Tribunale se ne va bello tranquillo e a te arriva il conto degli avvocati che devi pagare. L’appello: il diritto all’appello deve essere degli imputati, non può essere della Procura della Repubblica. La divisione delle carriere: se uno si è formato come inquirente, non ha la terzietà, secondo me, di poter fare il magistrato giudicante. Questa è una riforma importante che dà il senso di civiltà al nostro Paese. E quando io vedo che ci sono queste settemila persone, ignote a tutti, che entrano in carcere innocenti e poi vengono scarcerati perché riconosciuti innocenti, beh questa è una vergogna”. (YouTube 25 ottobre 2016)

Sono le parole di Graziano Cioni,  assessore alla sicurezza  di Firenze, comunista, dagli inizi degli anni settanta impegnato nell’amministratore comunale:  detto  lo “sceriffo” poiché voleva combattere i lavavetri, i venditori abusivi, il teppismo e la violenza, voleva in sostanza più agenti delle forze dell’ordine e più polizia urbana, per garantire sicurezza sia di giorno che di notte Era il padre della zona a traffico limitato  più grande d’Europa.
Cioni, già deputato e senatore, dunque è assessore alla Sicurezza nella giunta guidata da Leonardo Domenici, gode di un’enorme popolarità e scalda i motori per la corsa a sindaco. Ma la mattina del 18 novembre 2008 per Cioni e un altro assessore, Gianni Biagi,  scattano le accuse: avrebbero favorito gli interessi di Salvatore Ligresti, proprietario della Fondiaria Sai, che aveva a Castello, una area sulla quale si discuteva dal 1999.

Scatta il consueto circo politico-mediatico giudiziario. La nuova Tangentopoli, il rapporto tra affari e politica, e via con il solito armamentario. A inizio dicembre l’Espresso ci fa la copertina: “Compagni Spa”: si parla di giunte Pd e scandali giudiziari e Firenze è il caso che apre il servizio. Alberto Statera su Repubblica scrive che l’era Domenici, peraltro mai indagato, è la «sinistra immobiliare» e che ormai, anche nella virtuosa Firenze rossa,  la politica è solo «sangue e merda». Leonardo Domenici si incatena davanti alla sede di Repubblica di Firenze per protesta.

E subito il segretario nazionale del PD, Walter Veltroni : “non ci sottraiamo alla questione morale” e quindi via tutti gli indagati. A dicembre 2008, il segretario cittadino Giacomo Billi, del PD, chiede  a Graziano Cioni di ritirarsi dalla corsa per le primarie. Cioni resiste e allora l’assemblea cittadina vota l’esclusione di Cioni  con 87 voti a favore su 150.

E così, fatto fuori Cioni, tra faide locali e romane, tra candidati veltroniani e candidati dalemiani, (all’ultimo momento viene inventata la candidatura dell’on. Michele Ventura, nel cui staff ci sono Maria Elena Boschi e Francesco Bonifazi, poi saliti sul carro di Renzi)  si fa avanti il rutelliano Matteo Renzi, 34 anni, presidente della Provincia, già segretario provinciale del Partito Popolare e poi segretario provinciale della Margherita. Comunque Renzi vince le primarie il 40,5% dei voti (avendo superato il 40%, non è necessario il ballottaggio): proprio Rutelli parla di “clamorosa vittoria”.

Renzi punta sulla discontinuità da Domenici (non siamo alla “rottamazione”, ma quasi) con proposte alternative che sembrano mutuate dal centrodestra , al punto che molti dentro e fuori del PD pensano che stia facendo “melina” con l’opposizione, di cui magna pars è Denis Verdini. “Verdini e il premier si conoscono da una vita, probabilmente da prima che il presidente del Consiglio debuttasse in politica. Di sicuro la conoscenza risale ai tempi della sua iniziale esperienza da amministratore, quando divenne presidente della Provincia di Firenze. Ma ciò che conta e rafforza il rapporto sono le primarie con cui Renzi divenne sindaco di Firenze”. Fu proprio Verdini – spiega Cioni – a fare un bel regalo a Matteo” indicando l’ex portiere della Fiorentina Giovanni Galli come candidato sindaco del centrodestra. “Ottima e stimata persona ma digiuno delle scaltrezze della politica. Una scelta che fa il paio con quella di Renzi di non usare mai il simbolo del Pd. E con Verdini si creò un rapporto che dopo un po’ portò al Patto del Nazareno”.

Cioni viene spazzato via dalla scena politica, e Renzi, per il combinato disposto del giustizialismo e della rottamazione, conquista prima Firenze, poi il PD e infine Palazzo Chigi.

Intanto, Cioni ha il suo doloroso percorso: in primo grado, viene assolto; in appello, 2015, viene condannato a un anno e un mese; poi a maggio 2016,  la Cassazione annulla la sentenza di appello, e proscioglie tutti gli  imputati,  perché “il fatto non sussiste”: otto anni di “via crucis” per lui e l’assessore Gianni Biagi e gli altri compagni di sventura.  Dimenticavo due cose:  nel 1997, imperanti D’Alema e Veltroni, il PdS, con tutto il gruppo dirigente toscano ossequiente ,  candidò Di Pietro al Mugello;  il treno della rottamazione si fermò, durante il governo Renzi, alla stazione Verdini, che forse è vicina alla Leopolda.

““La colpa, caro Bruto, non sta nelle nostre stelle, ma in noi stessi” Buona notte, e buona fortuna”

Luigi Corbani

(lunedì 17 giugno 2019)

4 thoughts on “Una storia fiorentina di giudici e politici”

  1. Veles ha detto:
    Giugno 17, 2019 alle 7:03 pm

    Cosa sono questi articoli : regolamenti di vecchi conti ? Perché partire dalla necessaria riforma del sistema giustizia ( senza affrontare il tema CSM e nomina Procuratori ) e finire a Verdini &Renzi ?

    Rispondi
  2. Luigi Corbani ha detto:
    Giugno 17, 2019 alle 7:13 pm

    In tanti articoli ho affrontato il problema della giustizia, del csm, del garantismo e del giustizialismo. Chiedo solo un pò di decenza: di non dimenticare la storia. Per la coerenza ci vuole tempo. E vorrei che si affrontasse per davvero un tema che è stato rinviato dal 1987, dall’epoca del referendum sulla responsabilità civile dei magistrati, che – a mio parere – implica la riforma della giustizia e la distinzione netta tra magistratura inquirente e magistratura giudicante, da cui deriva anche la riforma del CSM.

    Rispondi
  3. Arnaldo Trinchero ha detto:
    Giugno 18, 2019 alle 3:04 am

    Caro Corbani, la ringrazio per il racconto di un periodo che io ed altri non impegnati in politica abbiamo vissuto senza vedere la trama. Io ho 77 anni e ho vissuto quel periodo a Milano e ricordo di averla incontrata con Marilena Adamo per presentarle un problema di chiusura di scuole. Non era un suo problema ma ricordo che accettò un dossier preparato da un gruppo di cittadini con civile accoglienza. La stima si ottiene con queste piccole cose. Oggi la ringrazio per quanto ha scritto .

    Rispondi
  4. Benito ha detto:
    Giugno 18, 2019 alle 4:00 am

    Condivido e sullo stesso registro potrei aggiungere moto di più

    Rispondi

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