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Cinque sì per una giustizia liberale

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L’amministrazione della Giustizia costituisce in Italia un fattore di crisi in primo luogo nel settore civile – lento e con arretrato imponente – con silenzioso, ma severissimo, danno all’economia oltre che fonte di delusione per le aspettative e i diritti dei cittadini.

Nel PNRR vengono fissate al riguardo risorse ed obiettivi importanti per giungere ad una diminuzione della durata media dei procedimenti e allo smaltimento dell’arretrato entro il 2026 e, sul punto, il Governo Draghi è il più idoneo a far fronte agli impegni verso l’Unione Europea.

La Giustizia penale, lenta seppure in misura mediamente minore, è stata invece rumorosamente al centro del dibattito politico e della cronaca negli ultimi trent’anni.

Il suo malfunzionamento non ha tuttavia creato soltanto generale insoddisfazione per i cittadini, ma si è proposto al centro del dibattito politico, ponendo in discussione principi basilari dello stato liberale, quali la terzietà del Giudice, la parità delle parti e la separazione dei poteri.

Il potere giudiziario penale ha inoltre influenzato la normalità stessa della vita democratica in rapporto al potere legislativo, condizionando anche i media alla ricerca di un consenso diretto tra i cittadini. Ciò mentre nelle democrazie liberali il Giudice deve parlare solo attraverso le sue sentenze, e l’organo dell’Accusa deve preparare indagini e prove in silenzio e nel segreto istruttorio, senza annunci e spigolature interessate.

La riforma parlamentare della Giustizia, oggetto di grande impegno del Ministro Cartabia, si è scontrata in buona parte con l’immobilismo e l’opposizione parlamentare di quelle componenti populiste che hanno prosperato negli anni del giustizialismo provocando non poche vittime innocenti e danni alla funzione politica. Tutto ciò ha di fatto determinato un eccesso di potere dei Magistrati più esposti, generando come era naturale, furibonde lotte intestine nel CSM (Consiglio Superiore della Magistratura), virulente denunce incrociate tra gli stessi magistrati e scelte di pura spartizione tra le correnti, delle cariche ai vertici di Procure e Tribunali.

Il ricorso al referendum con la chiamata diretta del popolo è così ineludibile strumento per stimolare più decise riforme e dare un segnale politico preciso per un quadro istituzionale e una giustizia degna di uno Stato liberale.

Sulla base di queste premesse, i referendum chiamano l’elettorato a pronunciarsi per limitare

              I. l’incidenza delle correnti nelle candidature al CSM,

II. per eliminare ogni abuso sulla carcerazione prima del processo,

III. sterilizzare lo scambio tra le carriere dei Giudici e dei Pubblici Ministeri,

IV. regolare la carriera dei Magistrati con una valutazione meritocratica nella quale     concorrano anche altri operatori della Legge quali professori universitari ed avvocati,

V. assicurare un’effettiva presunzione di innocenza soprattutto a fronte di una sentenza non definitiva e a consentire all’elettorato la delicatissima selezione del personale politico.

Va notato che proprio sul tema della valutazione meritocratica, prevista anche dalla Legge Cartabia, vi è stata la ribellione della casta dirigente dell’ANM (Associazione Nazionale Magistrati) che ha convocato uno sciopero – proclamato da un potere dello Stato contro lo Stato – che è clamorosamente fallito, visto che un conto è il gruppo dirigente e ben diverso conto è il corpo delle migliaia di magistrati che servono quotidianamente e con onore lo Stato.

Ciò riguarda il quesito – di cui alla scheda di colore grigia – che, in controtendenza rispetto allo spirito corporativo e dello scambio di favori, consente il contributo dei membri non togati alle deliberazioni presso il direttivo della Suprema Corte e dei Consigli giudiziari [1].

Sempre nell’indirizzo di limitare il potere delle correnti, con la scheda di colore verde, si chiede un sì per l’abrogazione delle norme che impongono un numero di 25 firme per le candidature dei dei togati magistrati nel CSM [2].

Con la scheda di colore giallo, si chiede un sì nella direzione della separazione delle carriere e quindi un consenso per l’abrogazione delle norme in materia di ordinamento giudiziario che consentano il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelli dell’Accusa e così viceversa nelle carriere del Magistrati[3].

La scheda di colore rosso chiede l’abolizione della Legge Severino e quindi il divieto automatico (può comunque essere disposto dal Giudice caso per caso) di ricoprire cariche di governo così come in tema di candidabilità o ineleggibilità alle elezioni politiche e amministrative – con conseguente decadenza delle cariche – per coloro che vengono condannati, in via definitiva per determinati reati, nonché la sospensione automatica della carica di coloro che hanno riportato condanne con sentenza non definitiva. Questa ultima parte della Legge che s’intende abrogare è stata applicata in larga parte contro sindaci e amministratori locali sospesi, costretti alle dimissioni e poi quasi sempre assolti. È evidente come la Legge Severino abbia esposto amministratori pubblici a indebita intrusione nella loro pubblica funzione e nella vita privata [4].

Con la scheda di colore arancione, si chiede il sì per l’abrogazione dell’ultimo inciso di cui alla lettera C del primo comma dell’art. 274 del codice di procedura penale che indica il presupposto del semplice e non ben caratterizzato pericolo di reiterazione quale motivo di carcerazione preventiva. E’ ben noto che decine di migliaia di cittadini sono stati sottoposti negli ultimi trent’anni a misure cautelari inutili, spesso soltanto per costringerli alla confessione e disposte anche contro chi poi, dopo vari anni, è stato prosciolto.

Non è vero che l’abrogazione di cui al quesito consentirebbe di lasciare in libertà indagati per “gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l’ordine costituzionale ovvero di criminalità organizzata”, perché questa parte del testo della norma rimarrebbe in vigore.

L’interpretazione sul semplice pericolo di reiterazione è diventata da tempo un automatismo, consentendo abusi che comportano la restrizione della libertà anche in casi in cui l’imputato non è pericoloso [5].

I quesiti, come vedete, sono importanti e niente affatto complicati come vorrebbe certa propaganda della parte “combattente” della Magistratura e dei suoi corifei, e come per contro molti magistrati ormai stanchi, ritengono opportuno.

Il segnale è necessario nell’indirizzo dell’equilibrio dei poteri e del bilanciamento delle esigenze della giustizia e del diritto dei cittadini.

Vinciamo così l’indifferenza e la rassegnazione e il 12 giugno 2022 votiamo cinque (5) volte sì.

***

Dunque:

noi voteremo cinque (5) sì per una giusta giusta e senza abusi

Al fine di una partecipazione responsabile Vi alleghiamo in aggiunta fac-simile per Voi e per eventuali Vostri interlocutori.

REFERENDUM 12 GIUGNO: Il voto per la consultazione referendaria si terrà domenica 12 giugno 2022 dalle ore 7 alle ore 23

Ci verranno consegnate 5 schede di voto, corrispondenti a 5 diversi quesiti referendari.

*****
SCHEDA ROSSA (abrogazione Legge Severino)

Chiede se l’elettore vuole abrogare la parte della Legge Severino che prevede la decadenza automatica per i condannati in via definitiva parlamentari, membri del Governo, consiglieri regionali, sindaci e amministratori locali, nel caso di condanna per reati gravi. Inoltre la Legge Severino prevede anche l’incandidabilità e ineleggibilità per chi abbia subito condanne definitive per reati gravi contro la Pubblica Amministrazione.

Chi risponde SI’ vuole abrogare la norma – chi risponde NO vuole che resti in vigore.

*****

SCHEDA ARANCIONE (misure cautelari)

Chiede all’elettore se vuole abrogare la norma sulla “reiterazione del reato” dall’insieme delle altre motivazioni per cui i Giudici possono decidere la custodia cautelare in carcere o i domiciliari per una persona durante le indagini (prima del processo), limitando i casi di arresto al pericolo di fuga, inquinamento dele prove e rischio di commettere reati di particolare gravità, con armi o altri mezzi violenti.

Chi risponde SI’ vuole eliminare questa motivazione dalle ragioni per cui si può disporre la custodia cautelare, chi vota NO la vuole mantenere.

*****

SCHEDA GIALLA (separazione delle carriere)

Chiede all’elettore se vuole vietare ai Magistrati di passare dal ruolo di Giudici (che appunto giudica in un procedimento) a quello di Pubblico Ministero (la parte che accusa e coordina le indagini), e il contrario. In sostanza oggi i Giudici e i P.M. condividono la stessa carriera e il quesito chiede se si vuole che la scelta, se diventare Giudice o Pubblico Ministero, venga fatta all’inizio così come quando si sceglie di fare l’arbitro o far parte di una squadra.

Chi vota SI’ sostiene la separazione delle carriere, chi vota NO invece non ha problemi a consentire la stessa carriere per P.M. e Giudici.

*****

SCHEDA GRIGIA (valutazione dei Magistrati)

E’ il quesito delle pagelle ai Magistrati. Chiede all’elettore se vuole che l’operato del Magistrato possa essere valutato dai membri di Consiglio Direttivo della Cassazione e dei consigli giudiziari. Al momento ciò non avviene perché la Legge del 2006 lo impedisce.

Chi vota SI’ vuole abrogare la Legge e consentire che i Magistrati vengano valutati, chi vota NO vuole continuare a escludere i Magistrati dall’essere nella sostanza sottoposti a valutazione.

*****

SCHEDA VERDE (riforma CSM)

E’ il quesito sulla Riforma del CSM e l’elezione dei membri togati. Chiede all’elettore se vuole cancellare la norma che impone al Magistrato di raccogliere da 25 a 50 firme per candidarsi al Consiglio Superiore della Magistratura.

Chi vota SI’ fa sparire l’obbligo di raccogliere le firme, chi vota NO lo vuole mantenere.

***

Giammarco Brenelli

(martedì 7 giugno 2022)

[1] Volete voi che sia abrogato il decreto legislativo 27 gennaio 2006, n.25, recante «Istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e nuova disciplina dei consigli giudiziari, a norma dell’art. 1, comma 1, lettera c) della legge 25 luglio 2005, n.150», risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alle seguenti parti: art.8, comma 1, limitatamente alle parole “esclusivamente” e “relative all’esercizio delle competenze di cui all’art.7, comma 1, lettera a)”; art.16, comma 1, limitatamente alle parole: “esclusivamente” e “relative all’esercizio delle competenze di cui all’art.15, comma 1, lettere a), d) ed e)”?

[2] Volete voi che sia abrogata la legge 24 marzo 1958, n. 195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 25, comma 3, limitatamente alle parole “unitamente ad una lista di magistrati presentatori non inferiore a venticinque e non superiore a cinquanta. I magistrati presentatori non possono presentare più di una candidatura in ciascuno dei collegi di cui al comma 2 dell’art. 23, né possono candidarsi a loro volta”?

[3] Il quesito sul tema è stato forzatamente riferito in mille parole, ma il senso risulta chiaro dalla rubrica “separazione delle funzioni dei Magistrati. Abrogazione della norma in materia di ordinamento giudiziario che consentono il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa nella carriera dei Magistrati”.

[4] Quesito: volete Voi che sia abrogato il D.L. 31.12.2012 n. 235n (testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto a ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti alla sentenza definitiva di condanna per delitti non colposi a norma dell’art. 1 co. 63 della Legge 6.11.2012 n. 190)?

[5] Volete voi che sia abrogato il decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n.447 (Approvazione del codice di procedura penale) risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.274 c.p.p., comma 1, lettera c), limitatamente alle parole: “o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni ovvero, in caso di custodia cautelare in carcere, di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni nonché per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all’art. 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195 e successive modificazioni.”?

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