Nella vicenda della Scala e dell’Arabia Saudita sarebbe auspicabile che si chiarisca qualcosa, perché sicuramente c’è qualcuno che mente. Uno dice che non è una sua iniziativa, ma della Lega; quello della Lega dice che loro non c’entrano, sanno tutto il Sindaco e il Ministro della Cultura; il Sindaco invita tutti a stare zitti fino al 18 marzo, data in cui si riunisce il consiglio di amministrazione. Questa vicenda fa il paio con quella dell’acquisto degli spettacoli del Festival di Salisburgo: tutti sanno come stanno le cose, ma si fa finta di non sapere. Alla fine, per varie ragioni, più o meno confessabili, vince il furbo. L’interesse del Teatro, la sua natura, la sua tradizione, sono roba vecchia, chi se ne importa. C’è sempre poi quello che accetta la favola: ma lui porta 45 milioni di sponsores! Ma è davvero così? Ma qualcuno ha chiesto di fare un dettagliato elenco dei “mecenati” portati dalla gestione post Lissner, da rendere pubblico ?
Questa storia dei soldi dei mecenati è stata accampata anche da Stéphane Lissner, per rimanere all’Opéra di Parigi, poiché ha portato gli incassi da sponsores da 9 a 18 milioni, ma non è stata sufficiente: un anno fa gli hanno detto che non rinnovavano il suo mandato, che scade nell’agosto del 2021. Hanno giudicato male, molte produzioni ( la “Bohème” in una stazione spaziale, la “Damnation de Faust” in versione Stephen Hawking, anche con la copulazione delle lumache), i suoi cast vocali (gestiti dal greco che aveva portato anche alla Scala Ilias Tzempetoridis) e la storia delle trasformazioni dei palchi dell’Opéra Garnier. Pare inoltre che il sovrintendente e la direttrice del balletto: non si parlino più da quattro mesi.
Scrive “Le Figaro” “L’inaugurazione della Bastille nel pieno delle cerimonie per il bicentenario della Rivoluzione era avvenuta all’insegna de “l’opera per tutti”. Ora l’Opéra di Parigi è diventata il simbolo di un ghetto di ricchi”. Si dice anche che i biglietti “en categorie optima” costano troppo: 210 euro per l’opera lirica e 140 per il balletto. Alla Scala per “Chovanscina” la poltrona o il posto palco zona 1 costa 252 euro, per “Manon Lescaut” costa 276 euro, per il balletto “Woolf Works” costa 180 euro.
Ora bisogna ricordare che l’Opéra di Parigi è il primo teatro al mondo per alzate di sipario e per spettatori: gestisce due teatri con 2.000 dipendenti e un budget di 220 milioni, di cui la metà vengono dagli enti pubblici. È finita l’epoca in cui era interamente finanziato dai soldi pubblici. Oggi circa due terzi dell’autofinanziamento vengono dalla biglietteria: circa 74 milioni.
Dal “Figaro” si ha notizia che il 9 e il 10 marzo i candidati saranno sentiti da un “Comitato d’audizione” nominato dal Ministro della Cultura, e composto dal Presidente del Consiglio di amministrazione (amico di Macron), dal presidente della Philarmonie di Parigi, da un direttore d’orchestra americano, da un coreografo tedesco e da una direttrice del Ministero della Cultura. Questo comitato dovrà fare delle “raccomandazioni che evidenzino i punti positivi e negativi di ciascun candidato. In seguito io farò la mia proposta al Presidente della Repubblica che deciderà”, sottolinea il Ministro della Cultura.
In quei due giorni, dice “Le Figaro”, ciascun candidato presenterà il suo progetto con una esposizione di venti minuti e poi ci saranno domande per un’ora. I candidati sono undici; 5 stranieri, che vengono dai teatri di Barcellona, Bruxelles, Madrid, Montecarlo, Toronto; 6 francesi, che vengono dai teatri di Dijon, Ginevra, Toulouse, Vienna, Bordeaux e dall’Opéra-Comique di Parigi. I candidati sono tra i 45 e 60 anni, uno solo ha più di 60 anni. Hanno rinunciato Serge Dorny che da Lione è andato all’Opera di Monaco e Pierre Audi, direttore del Festival di Aix. L’orchestra ha già fatto sapere che non vuole Marc Minkovski (direttore d’orchestra e direttore del teatro di Bordeaux). Le voci danno per papabile Olivier Mantei, elogiato per gli spettacoli prodotti dal suo teatro, l’Opéra-Comique e portati in giro per la provincia. In questi giorni, prende consistenza l’ipotesi di una donna, Christina Scheppelmann, che viene dal Liceu di Barcellona.
Ci sono degli obiettivi ben precisi per la commissione: “Ringiovanire e ampliare il pubblico, con prezzi ragionevoli, controllando al contempo la spesa, consolidando le risorse della sponsorizzazione e trovando nuove entrate – scrive “Le Figaro” – Superare l’opposizione e l’alternanza tra moderno e antico che indeboliscono il teatro da qualche lustro, e sviluppare un repertorio di produzioni classiche e moderne che possano continuare e attrarre un pubblico diverso. Scegliere un candidato abbastanza giovane da essere in grado di svolgere l’incarico su due mandati, salvo preferire l’opzione di una scelta più consolidata che sia in grado di fare solo un mandato di transizione tra la nuova era e quella presente, visto anche i lavori nel 2021 al Palais Garnier e alla Bastille.”
Come si vede, hanno deciso la sostituzione del Sovrintendente e si apprestano a nominare il nuovo, senza agenzie di cacciatori di teste e senza l’imbarazzante saudita.
Paolino Casamari
Caro Luigi, sei sempre straordinario. Grazie e grazie e grazie. Almeno si impara come sono diverse le Commissioni per le selezioni : in Italia ( e naturalmente anche alla Scala ) TUTTO si risolve attraverso le amicizie più o meno intime, la totale ignoranza su eventuali valori e virtù dei concorrenti, e soprattutto attraverso l’affascinante certezza delle tangenti che volteggiano da tutte le parti ! Evviva ! i nostri teatri sia lirico che di prosa, sia la Scala che l’Argentina, sia il San Carlo che il Mercadante…. tutto vive e prolifica nella presenza delle tante “Sirene” che sciamano nelle poltrone e nelle poltroncine. Ho novant’anni e mi permetto di essere una obiettivo ! Il progresso e la civiltà nei rapporti e nella cultura avanzano ! Ancora un abbraccio a Te vero grande sincero Migliorista