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Uno scenario possibile

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Non penso che il Parlamento voglia suicidarsi e andare alle elezioni a giugno, unificando elezioni amministrative (Roma, Napoli, Milano, Torino, ecc.) con quelle politiche.  Abbiamo già votato (per il referendum, per sette regioni e per molti Comuni)  nell’”Election Day” di settembre 2020, quando  tutti erano convinti che la pandemia fosse in discesa. Ma le elezioni anticipate a giugno sarebbero una follia, viste le emergenze che in questi mesi dobbiamo affrontare. Ed appunto ci potrebbe essere uno scenario diverso. 

Il governo Draghi affronta in questi mesi le emergenze ed avvia i piani necessari (vaccini, rimborsi e misure economiche urgenti, Next generation EU, bilancio dello Stato) con il contributo del Parlamento che, per parte sua appunto, confeziona  la nuova  legge elettorale e la legge per ridurre i rappresentanti regionali per la elezione del Presidente della Repubblica.  Si dovrebbe infatti portare da tre a due il numero dei rappresentati regionali con una legge di revisione costituzionale che deve essere approvata nel giro minimo di tre mesi per due volte da ciascun ramo del Parlamento. Ricordo che “non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.”   

Diciamo che poi ci sono scadenze quasi obbligate: entro il 30 aprile si  deve presentare il “piano nazionale di ripresa e resilienza ” alla Commissione europea che entro due mesi lo valuta e quindi entro quattro settimane,  dalla proposta avallata dalla Commissione, il Consiglio europeo deve approvarlo a maggioranza qualificata che implica che gli Stati membri a favore rappresentino almeno il 65% della popolazione dell’Ue e siano almeno 15 Paesi su 27.  Quindi entro la fine luglio, noi dovremmo sapere il nostro destino.

Nel frattempo il governo deve presentare al Parlamento entro il 27 settembre la “nota di aggiornamento al documento di economia e finanza” ed entro il 15 ottobre l’Italia deve presentare il “documento programmatico di bilancio” alla Commissione europea.  Nulla toglie che il nuovo governo possa adempiere a questi atti prima di un eventuale scioglimento delle Camere. C’è lo spazio per eventuali elezioni politiche?  Mattarella è stato eletto Presidente della Repubblica al quarto scrutinio il 31 gennaio 2015 con 665 voti: occorreva la maggioranza assoluta di 505 voti su 1.009 aventi diritto al voto. Mattarella ha giurato davanti al Parlamento il 3 febbraio 2015, atto formale ufficiale di insediamento nella carica del Presidente della Repubblica

Quindi il semestre bianco, periodo in cui non si possono scegliere le Camere, parte dal 3 agosto 2021, e quindi fino al 2 agosto il Presidente della Repubblica può sciogliere le Camere. In questo caso le elezioni si possono svolgere tra il 1 ottobre e l’11 ottobre, quindi domenica 10 ottobre sarebbe la data possibile.

A questo punto si possono anche riunire le elezioni comunali, in un “Election Day”: si consideri che  dovrebbero votare per le comunali  13 milioni di elettori per oltre 1.300 comuni, tra cui, se non sbaglio, Roma, Milano Napoli, Torino, Bologna, Benevento, Bolzano, Brindisi, Cagliari, Carbonia, Caserta, Cosenza, Crotone, Grosseto, Isernia, Latina, Novara, Pordenone, Ravenna, Rimini, Salerno, Savona, Trieste, Varese. 

Comuni che dal sud al nord dovrebbero votare a giugno, nel pieno – si spera – della campagna di vaccinazione. Ad ottobre appunto speriamo di aver raggiunto una buona percentuale di immunizzazione dal virus, con quindi meno pericoli per la diffusione della pandemia. 

In questo modo, per la fine di ottobre avremmo anche un nuovo parlamento, rispondente al dettame costituzionale e al referendum sulla riduzione dei parlamentari, 400 deputati e 200 senatori. Si potrebbe dunque formare un nuovo governo entro la data (3 gennaio) della convocazione del Parlamento in seduta comune con i delegati regionali per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica, Se non viene approvata la legge di diminuzione a due,  le regioni manterranno tre rappresentanti  e la Valle d‘Aosta uno. La platea dunque sarebbe composta da sei senatori a vita, seicento parlamentari e 58 rappresentanti regionali: 664  Nei primi tre scrutini è richiesta la maggioranza di due terzi della assemblea (in questo caso 443) ; dal quarto è sufficiente la maggioranza assoluta (333). 

E quindi la strada potrebbe essere spianata ad una nomina frutto di larghe intese, come quella di Mario Draghi.

Molte cose  in questa legislatura sono inusuali

È un percorso inusuale, ma legittimo e possibile nei tempi e nei modi. E poi, del resto, questa legislatura è tutta inusuale: il mandato a Fico che più che esplorativo, era una trattativa di governo; il tempo dato a Conte per trovarsi una maggioranza in Parlamento;  l’incarico diretto a Draghi senza un secondo giro di consultazioni (magari veloce) per sentire tutte le forze politiche, e magari comunicare loro (de visu e non in televisione)  la opposizione del Presidente alle elezioni anticipate; i tempi accordati (oltre due mesi, da marzo a giugno 2018) a 5S e Lega per fare un governo. 

Personalmente, sono convinto che la strada maestra, dopo le elezioni del marzo 2018, sarebbe stata quella di dare un incarico alla coalizione che aveva ottenuto più voti (quella che più si era avvicinata al premio di coalizione previsto dalla legge elettorale Rosatellum), poi alla seconda e alla terza, nel caso non fossero riuscite le prime, a comporre un governo. Questo ci avrebbe evitato un governo sovranista e populista, peggiore di un governo di centrodestra, e comunque l’eventuale fallimento dei tentativi delle varie coalizioni, poteva portarci subito ad elezioni anticipate, cosa niente affatto negativa, anzi degna di una Pese democratico maturo, come è successo in altri paesi europei ed extraeuropei. 

Stabilità di governo non significa stabilità politica

Sono stanco di sentire il luogo comune  sulla Italia come il Paese dell’instabilità e su “quanto ci costa l’instabilità” (data room di Milena Gabanelli e Simona Ravizza sul “Corriere”). Intanto è vero che dal 1946 al 1994 abbiamo avuto 20 presidenti del Consiglio e 50 governi (durata media 349 giorni, 11 mesi e mezzo): in realtà 5 governi non ottennero la fiducia e rimasero incarica rispettivamente 10 giorni (Andreotti V), 8 giorni (Andreotti I), 10 giorni (Fanfani VI), 12 giorni (De Gasperi VIII) e 11 giorni (Fanfani I) , per cui in realtà abbiamo avuto 45 governi con una durata media di 388 giorni pari a quasi 13 mesi. Tuttavia in quei 48 anni  abbiamo avuto una stabilità politica che ha portato il Paese con le pezze al culo ad essere uno dei Paesi più importanti del mondo e con un livello di benessere della popolazione italiana e di qualità della vita  fra i più elevati del mondo, con conquiste di servizi universali (scuola e sanità) e di diritti, con il concorso di tutte le forze politiche democratiche.

Al contrario dal 1994 ad oggi, in 26 anni, abbiamo avuto 10 presidenti del Consiglio  e 16 governi (con una durata media di 610 giorni pari a 20 mesi ) con una instabilità politica e una fragilità delle componenti di governo che hanno portato il Paese a un blocco dello sviluppo economico, sociale, civile e culturale, basti vedere le condizioni della scuola e della sanità, a prescindere dalla pandemia.  In totale, durata di nove mesi in più di governi della prima repubblica: sai che risultato !

Si cita, per la sua stabilità di governo, la  Germania, senza dire che in quel Paese da tempo la stabilità si è ottenuta con la “Grosse Koalition” (democrazia cristiana e socialdemocrazia): 2005-2009 governo Merkel I, 2013-2018 Merkel III,   dal  2018 al presente Merkel IV. In Germania ci sono stati tre cancellieri dal 1994, Kohl, Schrõder e Merkel con 7 governi, ma ben 11 anni sono stati della grande coalizione. 

In Spagna ci sono stati  nove governi nelle stesso periodo e dieci elezioni politiche generali, tra cui quelle ravvicinate del dicembre 2015 e del giugno 2016 (il governo Rajoy ebbe la fiducia del Congresso  per l’astensione del PSOE), dell’aprile 2019 ( il PSOE non riuscì a formare una maggioranza con Podemos, per cui si indissero nuove elezioni)  e del novembre 2019. 

In Belgio ci sono stati quindici governi: e forse vale la pena ricordare che dopo le elezioni del 13 giugno 2010,  ci vollero ben 540 giorni, ovvero 18 mesi, perché il 5 dicembre 2011 venisse nominato il primo ministro Elio Di Rupo, figlio di emigrati abruzzesi  e poi ci vollero 138 giorni, ovvero 5 mesi, per formare il governo successivo di Charles Michel, attuale presidente del Consiglio europeo. 

In Israele si è votato il 9 aprile 2019, il 17 aprile 2019, il 2 marzo 2020 e si voterà il 23 marzo 2021: in meno di due anni si vota 4 volte per il parlamento israeliano (Knesset, 120 deputati).

Forse meno superficialità, ad effetto, non guasterebbe in un Paese che ha bisogno di serietà, responsabilità, professionalità, impegno nello studio e nel lavoro, e che, senza ingiusti egualitarismi e senza  degenerazioni clientelari, dovrebbe appunto mettere, al centro dell’azione del suo governo, le giuste opportunità per tutti, il merito e il lavoro.

“La colpa, caro Bruto, non sta nelle nostre stelle, ma in noi stessi.” “Buona notte, e buona fortuna”

Luigi Corbani

(giovedì 4  febbraio 2021)

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