Le persone colpite dal covid-19 nel mondo sono oltre 3 milioni, i decessi oltre 200 mila, i soggetti guariti 900 mila. Una calamità gigantesca. In Italia non è andata meglio e i contagiati al 27 aprile 2020 erano 199.414, di cui deceduti 26.977 e guariti 66.624. Dieci anni fa avevamo un piano nazionale pandemico che le Regioni avrebbero dovuto aggiornare periodicamente. Non lo hanno fatto, non si sa bene perché. Forse perché il nostro Paese è di norma senza memoria e spesso gli amministratori e i collaboratori che cambiano frequentemente, inizialmente, partono da zero. Qualche giorno fa un direttore sanitario di una istituzione socio sanitaria per disabili e anziani di Milano, mi ha raccontato che, quando è scoppiato l’allarme del nuovo corona virus, si è precipitato ad acquistare i tamponi e attraverso amicizie presso un grande ospedale ha potuto avere i risultati. Forse ha salvato la vita a numerose persone. In molte RSA, a Milano e altrove, le cose sono andate diversamente. Per ragioni professionali ho chiesto se il Laboratorio di Prevenzione di Milano nella prima metà del mese di marzo scorso facesse la lettura dei tamponi, mi hanno detto di no. Non si capisce come i Dipartimenti di Prevenzione delle ASL-AST lombarde e italiane non siano dotati di Laboratori di sanità pubblica. Sarebbe come un clinico medico di un ospedale fosse sprovvisto di idonei servizi diagnostici e di laboratorio. Le Società Scientifiche in questa drammatica circostanza sono state quasi mute.
Il Nord dell’Italia, colpito da un gigantesco evento emergenziale è intervenuto in ritardo e ha stentato a contenere l’effetto epidemico virale. I servizi sanitari deputati alla prevenzione del Centro Italia e del Meridione non sono stati travolti. Roma è apparsa migliore e più efficace di Milano. Ciò non era mai avvenuto prima. Persino le strutture operative territoriali hanno traballato, senza tralasciare le disfunzioni della medicina del territorio che ha sversato sugli ospedali le gravi difficoltà. Già nelle prime settimane della pandemia, la Lombardia assisteva a domicilio il 30% dei soggetti infettati dal covid-19, mentre la Regione del Veneto ne teneva a domicilio il 65%. La letalità della Lombardia per il virus era tre volte quella del Veneto e il doppio di quella della media nazionale. Il Dipartimento di Prevenzione così chiamato in tutte le ASL italiane, mentre in Lombardia per una improvvida legge regionale del 2015 n. 23, voluta da Roberto Maroni, si chiama in modo riduttivo di “igiene e prevenzione sanitaria”. Erano 15 e sono stati ridotti nel 2015 a 8. Per la Città metropolitana milanese con 3,5 milioni di persone, c’è un solo Dipartimento. Per la prevenzione si dovrebbe spendere il 5% della spesa sanitaria, in Lombardia si risparmia. Per anni si è speso il 4%. A tutto questo si aggiunga la carenza della medicina generale, in particolare della Assistenza sanitaria primaria, della continuità assistenziale, del rapporto ospedale e territorio. Il quadro del disastro dunque è stato clamoroso. Non parliamo dei contagi ospedalieri e delle morti in molte RSA sulle quali stanno indagando alcune Magistrature. La fase 1 è ancora da chiarire a fondo. I dati tuttavia sono implacabili. Nella Regione Lombardia la vicenda tamponi è stata ciclotimica. A tutt’oggi le differenze sono sotto gli occhi di tutti. I tamponi eseguiti in Lombardia al 27 u.s. erano 3.407,9 per 100 mila abitanti, nella Regione del Veneto 6.523,4. La letalità: Lombardia 18,30 per 100, Emilia Romagna 13,91%, Veneto 7,65%. La mortalità (standard mortality ratio) è per la Lombardia 3,64, per l’Emilia Romagna 1,81, per il Veneto 0,68 e per l’Italia 1. In Lombardia il rischio di morire è più di tre volte che della media nazionale. La qualità dei dati si aggiunga non è delle migliori. La Fase 1 ha visto un grave scoordinamento tra le istituzioni. Il Governo nazionale e molte Regioni hanno dimostrato preoccupanti carenze di competenza e di autorevolezza. Se la situazione non migliora, la Fase 2 della pandemia virale parte con il piede sbagliato.
Vittorio Carreri,
medico specializzato in igiene.
Milano 28 aprile 2020.
Le ragioni esposte sono incontestabili. Ognuno tragga le conseguenze logiche che la realtà impone.Sarà indispensabile per il futuro che la politica sanitaria in Lombardia tragga ispirazione dai principi fondanti del SSN
Analisi documentata,precisa e concisa:l’emergenza ha svelato le inadeguatezze della sanità lombarda e le conseguenze delle scellerate scelte regionali del passato.Ritengo migliore soluzione il commissariamento
Il Forum per il Diritto alla Salute lombardo , facente parte del gruppo che ha costituito santà 2030 all’interno del soggetto” milano 2030″, presente su FB, ha contribuito all’inizio dell’iter procedurale per chiedere al Ministero della salute di valutare il commissariamento della sanità in Lombardia. Stiamo predisponendo il dossier da inviare al ministro