Calcoli elettorali di corto respiro
Il grosso del consenso al Sud delle 5S (il suo patrimonio elettorale più consistente) appare compromesso dal fatto che non è più il partito di “potere” dominante. Ora pensare ad una alleanza “strategica” con Leu e 5S per le elezioni politiche significa muoversi in una logica di blocchi contrapposti, cha alla fine favorisce la destra, che appare più omogenea e più affidabile, come dimostra il trend dei sondaggi.
Se invece si pensa ad una alleanza per le elezioni amministrative, significa non aver capito l’importanza delle elezioni della Emilia Romagna. Ovvero, che la competizione elettorale deve essere molto “locale”, molto legata alle forze in campo localmente e ai temi delle comunità locali. Pensare ad una alleanza che vada bene a Milano come a Napoli, a Torino come a Bologna è un errore bestiale: le liste devono essere locali e gli accordi romani devono stare a Roma. Del resto, il PD ha un esperto di elezioni al Comune di Roma: dopo la staffetta Rutelli-Veltroni (e vinse Alemanno), l’ultima creatura di Bettini fu Ignazio Marino, e sappiamo che così ha aperto la strada alle 5S e alla Raggi.
Piuttosto che sostenere Calenda, lanciano Gualtieri (a vuoto) contro la Raggi, a meno che sia una mossa per trovare, alla fine, un candidato comune 5s-PD. Auguri ai romani!
Elezioni in autunno
Fra l’altro sarebbe opportuno anche considerare due questioni: una politica e una sanitaria. Fare le elezioni a maggio giugno quando ancora non è completato il piano di vaccinazioni di almeno l’80% della popolazione è una scelta pericolosa, che rischia anche di produrre risultati negativi sul piano del contenimento della pandemia e sul piano dei diritti politici, qualora si dovessero limitare, per ragioni sanitarie, comizi e manifestazioni elettorali.
Andare a maggio alle elezioni amministrative mentre è in corso lo sforzo unitario per sostenere l’azione del governo per il recovery plan, per le vaccinazioni, per l’emergenza sanitaria, scolastica, culturale ed economica, rischia di fare saltare un clima di concordia repubblicana, necessario e utile per i prossimi mesi. Saggezza vorrebbe che si rinviassero almeno in autunno le elezioni amministrative per oltre 1000 comuni e oltre tredici milioni di elettori.
Un polo riformista
Comunque, è evidente che il PD persegua la strada di un confuso massimalismo populista e meridionalista, con Leu e M5S. Operazione che con il riformismo, con le istanze liberali e democratiche, con la voglia di progresso economico, sociale e culturale, di sviluppo economico equilibrato, espresso da tante parti del mondo produttivo e della società delle regioni del nord, ha poco a che fare.
Il tentativo di isolare, nello scenario politico attuale, forze come “Italia Viva”, come “Azione”, come “+ Europa”, o il “Centro democratico” o di spingere forze liberali di “Forza Italia” verso destra, ha solo una conseguenza: favorire la vittoria della destra, ricompattata su posizioni più conservative, quando non di sovranismo nazionalistico, non aiutando neanche l’evoluzione della Lega su posizioni più europeiste e più vicine al partito popolare europeo
Oggi di fronte alla scomposizione del quadro politico, bisogna consolidare un processo di formazione di un movimento riformista, che può tradursi in un partito (pesante, radicato, con una partecipazione attiva dei militanti presenti nel territorio). È il momento anche per i riformisti del PD di fare una scelta decisa a favore di un soggetto politico davvero riformista che unisca forze attualmente disperse o in balia di personalismi inutili.
La costituente riformista
A questo punto solo una mossa, coraggiosa e intelligente, potrebbe consentire di avviare un processo costituente di una forza in cui possano confluire tutte le varie espressioni del riformismo, dovunque collocate allo stato attuale: sciogliere “Italia Viva” per creare una assemblea costituente con tutti coloro che abbandonano le loro collocazioni attuali, per approdare, con un dibattito, vero e intenso, a un soggetto politico, unitario, fondato su valori e ideali comuni, capace di produrre programmi e progetti riformisti, per costruire una federazione europea di regioni e di autonomie locali, che superi il sovranismo nazionale.
Mi piace qui ricorrere alle parole di Teresa Bellanova al Senato: “E’ finalmente evidente a tutti perché un drappello di visionari riformisti ha avuto ragione indicando i limiti di un esecutivo che aveva nell’emergenza il suo unico motivo di esistenza…Riformismo è una parola spesso abusata e, ancor più spesso, mal utilizzata.
Il riformismo che fallisce è quello ideologico e risentito; il riformismo che amiamo è quello che mette al centro della politica la realtà e il suo cambiamento, nell’interesse delle persone e dei territori; un processo riformatore capace di sconfiggere i suoi tradizionali nemici, che si annidano dovunque. I vasti settori economici, politici e sociali, a destra come a sinistra, con la forza della proposta e della dialettica politica: una vera prova di maturità cui sono chiamate tutte le forze politiche e tutte le classi dirigenti di questo Paese.
Se questo può fare paura, perché rischia di azzerare rendite di posizione, antiche e recenti, il guadagno è infinitamente maggiore: la capacità di agire oggi per fare largo al futuro; quel futuro che va costruito, tassello dopo tassello, e che ci porta a dire che il riformismo è e deve essere l’antagonista, non solo lessicale, del cinismo. Sì, il cinismo: il peggiore nemico delle generazioni future che attendono da noi responsabilità delle scelte e generosità delle decisioni; il peggior nemico di chi, proprio a causa della pandemia, sta pagando i prezzi più alti. Per noi potere è un verbo: poter decidere e poter fare.”
Coraggio, dunque.
“La colpa, caro Bruto, non è nelle nostre stelle, ma in noi stessi” “Buona notte e buona fortuna”
Luigi Corbani
(martedì 23 febbraio 2021)
Bella definizione del molto confuso massimalismo meridionalista del PD che Macaluso avrebbe forse irriso – e onore a Teresa Bellanova ed al suo intervento in Senato