Nel 1986-1987 la DC e il PSI litigavano furibondamente su tante cose; all’origine vi era il fatto che il Psi non voleva fare la staffetta, ovvero che dopo il Governo Craxi, ci fosse un governo De Mita. In effetti, il governo Craxi II andò in crisi e si andò al governo Fanfani VI, monocolore democristiano, per le elezioni anticipate. Il PCI formalmente era contro le elezioni anticipate, ma in realtà le voleva, coltivando l’idea che tra i due litiganti, il terzo, cioè il PCI, avrebbe goduto. Una doppiezza che rischiava di costare caro, questa era l’opinione della Federazione milanese del PCI, che organizzò anche una manifestazione contro l’ipotesi di elezioni anticipate, indicando alcuni obiettivi di natura economica, sociale e istituzionale, fra cui la modifica della Costituzione, eliminando il Senato e formando una Camera sola di 400 deputati.
Apriti cielo: in quanto segretario della Federazione, venni aggredito dalla segreteria nazionale, accusato di essere fuori della linea del Partito, che prevedeva il bicameralismo. E poi l’accusa più dura era quella di essere subalterni alla proposta di grande riforma del PSI, che invece bisognava combattere. Il Pci poteva in quel momento spiazzare tutti con una proposta politica (unica e originale) che fronteggiava anche, in modo utile ed efficace, una campagna, che si avvertiva già montante contro i partiti e il sistema dei partiti.
Di quella vicenda prima delle elezioni anticipate del 1987, in particolare, ho un vivido ricordo di telefonate molto sgradevoli con alcuni della segreteria nazionale. Ho capito tardi che in me e nei milanesi c’era un difetto di fondo, quello di pensare di contribuire con proposte nostre, con la nostra testa, alla “linea del partito”: la “linea” non poteva che venire da Roma, Milano era periferia.
Per correggere la linea di “destra” della Federazione milanese, la segreteria nazionale ci mandò Achille Occhetto. Come vedete siamo ancora qui a parlare di riforme istituzionali: e il bello è che molti di quelli che allora ci fecero la guerra sono ancora qui a farci la lezione.
Il risultato fu che alle elezioni anticipate (14-15 giugno 1987) la DC andò avanti, il Psi arrivò al miglior risultato dal 1958 e il PCI andò indietro. In quelle elezioni vennero eletti 13 verdi, 13 radicali (fra cui Ilona Staller in arte “Cicciolina”) ed entrarono per la prima volta in parlamento due leghisti (Giuseppe Leoni alla Camera e Umberto Bossi al Senato). A Milano nelle liste del PCI vennero eletti Giorgio Strehler, Guido Rossi e Antonio Cederna. Alla Camera, presidente Nilde Jotti, alla fine della legislatura c’erano 12 gruppi; al Senato, presidente Giovanni Spadolini, 10 gruppi. Dopo il voto, si formò il governo di pentapartito (DC_PSI_PSDI_PRI_PLI) presieduto da Giovanni Goria, con vicepresidente Giuliano Amato.
Il PCI invece di esaminare i motivi della sconfitta, nominò (ahimè!) Achille Occhetto a vicesegretario con “194 voti a favore, 41 contrari e 22 astenuti, al termine di un comitato centrale infuocato e, per molti versi, senza precedenti”, come scrisse “Repubblica”.
Tutto questo per dire, delle cose molto semplici.
Bisognerebbe far tesoro degli errori e della storia politica precedente.
Abbiamo a che fare – lo ripeto – con i ladri di Pisa, che insieme di notte rubano e di giorno litigano sulla spartizione del bottino. Ma è il bottino che li tiene assieme. Questa tattica dei due ladri di Pisa non si combatte dichiarando che “sono divisi su tutto”: così si amplifica il loro vantaggio di governare e di fare opposizione, si fa solo propaganda a loro favore.
A mio parere, è sempre la politica, la iniziativa politica, la proposta politica che risolve i problemi. E allora si devono creare delle intese con altri (anche con il diavolo) su temi come la Tav, l’autonomia differenziata, sulle norme “manettare” e liberticide, sulle violazioni della Costituzione (piattaforma Rousseau e regolamenti dei gruppi delle 5S).
Se l’opposizione vuole mandare a casa il governo giallo nero, non si può accontentare di dichiarazioni su quanto sono cattivi e divisi o di appelli al figliol prodigo che ha abbandonato la casa del centrodestra. Occorre che si crei un vero “fronte dell’opposizione” (dalla sinistra a Forza Italia) su temi concreti per stanarli su divisioni vere, che ci sono, per farle esplodere. Ma questo bisogna farlo subito, senza aspettare le elezioni europee, perché è il Paese che sta andando verso un disastro economico. L’interesse del Partito viene sempre dopo quello del Paese, mi hanno insegnato.
E se avessimo un PD, voglioso di fare politica, direbbe anche che sarebbe disposto a sostenere o ad astenersi sulla nascita di un governo diverso da quello attuale e sarebbe pronto a votare quei provvedimenti che ritiene utili al Paese.
La politica e il coraggio si accompagnano, ma bisogna avere contezza, cognizione, consapevolezza dell’una e dell’altro.
“La colpa, caro Bruto, non è nelle cose, ma in noi stessi. Buona notte e buona fortuna”
Luigi Corbani