Quali doti politiche abbia Sala, credo che lo sappiano solo gli agiografi del “Corriere della Sera” e di “Repubblica”. Ora, la norma del secondo mandato (per cui il Sindaco non può più ripresentarsi) è una sciagura, poiché di fatto il sindaco non ha più alcuno stimolo a fare bene per conquistarsi la fiducia degli elettori. Tanto più che non abbonda il senso delle istituzioni, anzi, sembra che non siano loro a dover servire le istituzioni, ma piuttosto che sono loro a fare un favore alle istituzioni con la sola loro presenza.
Infatti il Sindaco Sala è allergico al Consiglio Comunale, da ottobre a maggio si è presentato solo al 17% delle sedute ed ha partecipato solo al 4% delle votazioni: una chiara manifestazione di disinteresse, anzi per il suo cesarismo è una perdita di tempo. Atteggiamento che non è stigmatizzato ed anzi è condiviso dai giornali, ai quali interessano solo le interviste e le dichiarazioni del Sindaco, ovviamente fuori dal Consiglio Comunale, tanto non ha contestatori, né dentro né fuori Palazzo Marino, né dalla maggioranza né dalla minoranza.
Vi ricordate la manfrina, tediosa e seccante, sul “mi candido, non mi candido”? Siamo andati avanti per mesi con questa litania: a tutti faceva venire in mente che stava cercando qualche altra soluzione, poiché il ruolo di sindaco gli andava stretto, non gli dava soddisfazione, le sue capacità potevano essere utilizzate in altri ruoli, maggiori e forse anche ben più remunerativi.
E mentre imperversava il covid, e il Comune non faceva niente per i cittadini milanesi, ci accompagnava le giornate casalinghe con trasmissioni quotidiane del suo pensiero fino alla sublime apparizione in fianco alla Madonnina alla quale chiedeva di aiutarci. Almeno nella storia di Milano, quando si chiedeva alla Madonna di intercedere per noi, si prometteva di costruire qualcosa a ricordo imperituro del Suo aiuto: da qui il Tempio civico di San Sebastiano. Adesso nulla, di nulla. Però ci son rimaste indelebili le immagini delle sue calze arcobaleno dalla poltrona di “House of Cards” .
E siccome l’uomo ha saldi e meditati principi politici (o parliamo di valori o di ideali, mah?!), ecco che in piena pandemia ci regala il suo pensiero politico “per il nuovo socialismo dell’epoca planetaria”, un libro dal titolo esemplare “Società: per azioni”. Marx. Engels, Lenin, Turati, Labriola, Gramsci Kautsky, Bernstein, Lassalle, Proudhon spariscono di fronte a tale vastità di pensiero. Ma chi l’ha consigliato di esibirsi nel socialismo planetario? Forse i due mega consiglieri a carico del bilancio comunale che si è portato dietro dalla’Expo, Marco Pogliani e Roberto Arditti, uno si dice appartenente alla Opus Dei e l’altro ex direttore del Tempo, un giornale notoriamente sostenitore degli ideali del socialismo.
Ma dopo una visione socialista planetaria, in men che non si dica, è approdato a un non ben definito “verde europeo”, l’ambientalismo verde tedesco, sembra. Ma forse non sapeva che in quel momento i “verdi tedeschi” stavano facendo a Berlino un referendum (che hanno vinto insieme alla sinistra marxista) per l’esproprio degli appartamenti sfitti da parte del Comune, onde abbassare i prezzi ed evitare che la gente si trasferisse fuori città. Praticamente i verdi tedeschi avevano capito dove voleva arrivare la politica residenziale di Sala e lo hanno anticipato. O forse no?
Forse Sala non sa cosa siano i verdi “europei” ma intanto si porta in Giunta una verde che approva lo scempio proposto della speculazione edilizia di San Siro, i premi volumetrici alle immobiliari, l’inscatolamento dell’acqua del Sindaco e via dicendo, in cambio del posto di assessore gentilmente concesso dal Sindaco.
Che il sindaco Sala stia cercando una soluzione, che al più presto lo liberi dal Comune, è anche confermato dalla “excusatio non petita, accusatio manifesta” del suo agiografo del Corriere che, con mitica deferenza, ci spiega che comunque rimarrà fino alla fine del mandato, che anzi sarà nel 2027. (Ve lo vedete Sala che sta in Comune per altri cinque anni?)
Ma suvvia, è evidente che fra la Regione e le politiche del 2023, Sala cerca una compagnia che lo aiuti ad uscire da Palazzo Marino. Adesso siamo “alla cosa politica nuova”, (forse è già invecchiata in queste ore). Una “cosa” al centro, che sta diventando una pollaio con tanti galli e poche galline. Qualche settimana fa era apparsa la notizia del trio Signorile, Ronchi, Sala. Adesso viene lanciata una “cosa” che sembra lo slogan di una birra (Ceres c’è, non è solo una birra.): “L’Italia c’è, libera e verde”, con tanto di sito Internet. Peccato che non si capisca chi l’abbia fatto e chi abbia costituito questa “cosa” che intanto lancia la settimana di lavoro corta di 4 giorni. In un articolo leggo che ha già un coordinatore, Piercamillo Falasca, già nella direzione nazionale di Più Europa, e ora consigliere del Ministro Carfagna. Che maleducati, non hanno neanche aspettato Sala.
E Calenda annuncia un sua convention a Milano con la Bonino per far decollare il centro e non credo che voglia aprire alla compagnia “governista” di Di Maio. E tutto questo agitarsi avviene con la presenza sullo sfondo del rottamatore rottamato, che aspetta
Dalle prime avvisaglie sembra, quella di Sala, più che una casa, una “cosa” per trovare collocazione ad alcuni, che rimangono senza “partito” d’origine, compresi quelli dei 5S che non possono ripresentarsi per il terzo mandato e hanno bisogno di trovare uno strumento per sistemarsi nei posti di potere che hanno occupato dopo il 2018. E forse per Sala è l’occasione di e un ruolo nazionale che finora nessuno gli riconosceva, anche, diciamo così, per le sue uscite strampalate e fuori luogo. Ma adesso Sala pensa che con Di Maio allargherà il “mercato elettorale di questo soggetto, “popolare, liberaldemocratico, ambientalista e sociale” per dirla con gli aggettivi usati da Sala” come scrive Giovanna Casadio su Repubblica (18 giugno). E ci dite poco,? E badate che dalla sera alla mattina “Di Maio potrebbe essere la marcia in più per far decollare il progetto di Sala il quale punta anche (anche! ndr) alla eredità migliore del fu Movimento di Grillo ( con il quale peraltro il sindaco di Milano coltiva da tempo buoni rapporti personali) .
“Ai cosiddetti centristi Sala ricorda “A me non piace l’idea di un posizionamento di centro (lo dice anche Falasca. ndr) penso debba esserci una formazione sociale, liberal democratica, popolare e ambientalista. Uno spazio progressista esiste, lo sappiamo tutti che c’è, ma sembra così difficile metterlo assieme”. Mi viene in mente che il capo dei progressisti, per il Pd, era Conte, ma forse non sono aggiornato.
Un uomo dalle idee chiare, Sala, e con un autostima infinita, da politico di grande esperienza, che vuole “aprire porte e finestre della politica” e che per questo ha criticato Letta “per il ”campo largo” che è senza attrezzature e si rischia di non coltivare nulla. Una coalizione è più dei singoli partiti. Dovrebbe servire a eliminare le asperità interne e conquistare così anche la fiducia delle persone che si stanno sentendo lontane dalla politica”
Da tutte queste parole, capisco solo che vogliono un contenitore per candidarsi alle prossime elezioni del 2023.
E siccome non c’è un limite alla piaggeria, il Corriere descrive il “grande federatore”: “Tutti gli riconoscono la grande rete di relazioni messa in piedi negli anni a partire da Expo. Una rete che si arricchisce di giorno in giorno e mette insieme tanti mondi differenti. Sala continua a tessere la sua tela, ma come Penelope lo fa e lo farà da casa sua, che in questo caso non è Roma, ma Palazzo Marino, la sede del Comune di Milano. E lo farà fino al 2027”.
Sono proprio ingenuo pensavo che il Sindaco a Palazzo Marino si occupasse di Milano; delle case popolari, della sicurezza, della movida, dei trasporti, della sanità, dei servizi, ecc. Macchè, sta in Comune per fare il “federatore”.
Sala (sempre sul Corriere) “non crede al fai da te, non pensa a un polo autonomo, ma a una formula che aiuti il centrosinistra contro populisti e sovranisti, alleandosi almeno nei collegi uninominali”. Ma guarda! Che grande progetto strategico! Ma chi l’avrebbe mai detto?
Ma (sempre il Corriere) “Beppe Sala sa che il più duro da convincere è proprio il Pd, perché non capisce il senso dell’operazione, la vede come una sfida e non come un’occasione per allargare l’area del consenso.”
Oh perbacco, il PD è duro! Anche questa non me l’aspettavo da un PD che, senza fiatare, lo ha sempre sostenuto. Non ci si può credere: invece di essere grati, sono infastiditi; la piccineria del PD viene sempre fuori, non capisce che Sala gli sta facendo un favore.
Ma al personaggio non passa per la testa che nessun sindaco (anche con una caratura politica ben maggiore e con importanti e straordinari risultati alle spalle, come Aniasi o Tognoli) ha mai avuto un ruolo politico nazionale importante, una volta smessa la carica. Il più importante ruolo politico nazionale è quello di fare bene il Sindaco di Milano. Ma se uno ha altre smisurate ambizioni, si accomodi, perché durante il tempo che rimane a Milano trascura la città e fa solo danni.
E sarebbe anche ora che il PD si renda conto che con i magri risultati del Comune di Milano, con l’atteggiamento cesarista di Sala, rischia di compromettere i risultati elettorali per la Regione, per le politiche e per le prossime elezioni comunali. E comunque al più presto deve trovare una figura da candidare a Sindaco che non sia stata nella gestione del Comune dal 2011.
E sarebbe cosa buona e giusta che il PD incominci a porsi tre obiettivi: aprire una lunga (e diffusa nel territorio) stagione di confronti con tutte le forze culturali, ideali, sociali, professionali e politiche sul futuro di Milano e dell’area metropolitana per definire un programma che raddrizzi le storture di questi anni di “liberismo privatistico immobiliare”; fare in Parlamento la legge per la elezione diretta del Sindaco Metropolitano e del Consiglio Metropolitano; prospettare la candidatura di una donna alla guida della città più femminile di Italia.
E Sala lasci perdere, si trovi una collocazione mangeriale in fretta, perché la politica è un esercizio molto difficile che non si impara, e non basta essere un manager o un imprenditore per essere un buon sindaco. Anzi per mia conoscenza, i migliori sindaci di Milano sono stati dei “politici”, che hanno dedicato la loro passione, le loro idee a questa città.
E se ci sono cose che nel “mercato politico italiano” – come dicono adesso con una infelice ed erronea espressione, mutuata dall’economicismo imperante in questi tristi anni – mancano, sono partiti, formazioni politiche, non personali né personalistiche, ma frutto di confronto, di discussione e di condivisione profonda e radicata di ideali, valori, politiche, programmi e progetti, in cui le dialettiche interne sono sostanziate da posizioni politiche e visioni della società e del mondo.
Mancano in definitiva formazioni che si rifacciano, nel loro agire quotidiano, alle forze europee, liberali, popolari e socialiste. E, personalmente, avverto sempre più come un grave problema di questo Paese, la mancanza di una forza socialista, democratica, liberale, europea ed europeista, autonomista e non nazionalista, socialmente impegnata per superare le crescenti disuguaglianze in Europa e nel mondo.
E francamente, non se ne può più di personalismi e di comportamenti, atteggiamenti o azioni che abbiano di mira prevalentemente l’interesse personale, anche quando ciò sia in contrasto con interessi più generali.
In questi anni la creazione di partiti personali e personalistici, di liste basate sulla persona – più che sulle idee e sui programmi – con la ricerca di una “democrazia plebiscitaria” attorno alla persona, ha fatto tanti danni ed è ora di curare questa malattia, prima che sia troppo tardi.
“La colpa, caro Bruto, non sta nelle nostre stelle, ma in noi stessi” “Buona notte, e buona fortuna”
Luigi Corbani
(martedì 21 giugno 2022)