Qui vogliamo tessere le lodi del volantino, uno strumento tanto bistratto, nell’epoca dei social, che invece ha una grande valenza democratica. Oggi la concentrazione è tutta sui social. Ormai la convinzione è che tutto si svolga nella agorà mediatica, che viene scambiata per “politica”. In realtà la questione decisiva per i partiti che vogliono fare politica, e secondo l’articolo 49 della Costituzione vogliono partecipare a determinare, con metodo democratico, la definizione della politica generale del Paese, è quella del loro radicamento sociale e territoriale. Solo chi non vede la realtà può ancora pensare al partito liquido o leggero, che vive solo sui mezzi mediatici. Era la convinzione di chi inseguiva Berlusconi; di chi pensava che il partito era solo il leader, che solo la presenza sui media (televisione, giornali) e poi sui social avrebbe risolto il problema del consenso. Era l’inseguimento del partito “personale” e “personalizzato”: il partito all’americana, quello con il leader “carismatico”: e se non tale, lo diventava perché qualche giornale amico lo sosteneva, e, in ultima parola, lo indirizzava, lo guidava, era il giornale a diventare il protagonista della politica, era il giornale a fare politica e il leader era uno strumento. Con l’uso dei social qualcuno ha pensato di avere una propria autonomia, di trovare da solo il consenso. Basta pensare all’errore colossale di fare il referendum da solo contro tutti, non ascoltando neanche le voci preoccupate e gli inviti alla prudenza che venivano dal Colle e dall’interno della stesso partito. Il rapporto diretto con gli elettori, con i twitter, con le dirette facebook, tutto ciò, secondo il pensiero di alcuni, sostituisce il partito, il valore del radicamento nel territorio, il radicamento sociale. Anche la vicenda delle “sardine” testimonia che i social sono solo uno strumento di informazione, ma poi bisogna radicarsi nel territorio e creare delle presenze in ogni comune.
Nulla, io credo, possa sostituire il rapporto con gli iscritti, con i simpatizzanti, presenti nel territorio, che percepiscono gli umori, le valutazioni degli abitanti di quel territorio o gli appartenenti a quella categoria sociale. D’altra parte, il “popolo dei social” non rappresenta l’universo degli elettori: anche nelle campagne elettorali americane, ben strutturate sui media e sui social, alle volte anche con un uso molto spregiudicato dei dati, alla fine il candidato fa il porta a porta con gli elettori, cerca il rapporto personale diretto con i potenziali votanti. Infatti, raggiungere gli interlocutori con i social, è possibile solo con quelli che usano abitualmente questi mezzi e lasciano tracce di loro sui twitter, sui post di facebook o instagram. Naturalmente, non rappresentano tutti i cittadini, alcune fasce non sono investite da questi mezzi. E’ anche vero che sempre più diminuisce il numero di lettori dei giornali, e anche la tv, soprattutto nelle nuove generazioni, ha problemi di audience. I giovani guardano, su Netfix, Amazon, ecc., magari alcune puntate consecutive di fiction, ma non un film intero. Pensate che guardino le dirette politiche facebook, i telegiornali o ascoltino la radio? Ma su 49 milioni di elettori quanti ricevono informazioni corrette, puntuali del partito ? Certo, esistono organizzazioni che vendono indirizzi di utenti classificati socialmente e culturalmente, secondo i loro gusti, ma non c’è niente di interattivo. Nulla per cui la partecipazione e l’interlocuzione sia reale.
Recenti ricerche sul sistema dei partiti occidentali hanno visto che nella realtà funzionano e hanno un elettorato meno volatile, quelle organizzazioni “pesanti” che riescono a coinvolgere non solo i loro iscritti, ma anche i loro simpatizzanti nelle scelte politiche essenziali. Quindi contano le forze che sono radicate, organizzate nel territorio, che intercettano umori, sensibilità, esigenze, bisogni, rabbie, insoddisfazioni, valutazioni e opinioni nel territorio o sono radicate in ambiti sociali precisi. Ma il problema del rapporto con gli elettori si presenta comunque. In questo senso, il volantino e la distribuzione del volantino, il rapporto diretto con il cittadino a cui consegni il volantino diventa essenziale. È un rapporto umano, una interlocuzione diretta che ti consente di ascoltare, di dialogare con una persona precisa, reale, non nascosta dietro uno strumento impersonale. Il rapporto diretto, faccia a faccia, non è sostituibile con nessun strumento. Il volantino costringe comunque ad un rapporto, anche di rifiuto. Segna una presenza sul territorio, davanti alla fabbrica, nel quartiere, davanti agli uffici, al mercato. Ed è importante non solo in campagna elettorale, anzi, se è limitato al periodo delle elezioni questo è controproducente: “ci siete solo per chiedere i voti”. Diventa importante, e decisivo se il rapporto è costante, se la presenza nel territorio è assidua e il cittadino si abitua ad avere un rapporto diretto, una interlocuzione che significa che qualcuno ascolta le sue opinioni, si confronta con lui: e questo esercizio, questo rapporto personale rende meno astratto il concetto di “partito”, di “politica”. Anche la distribuzione “porta a porta” è un efficace strumento di rapporti personali: puoi discutere anche con chi non la pensa come te, anche con chi ti prende a male parole, hai il polso della situazione del consenso e del dissenso. Con il volantino lasci il tuo pensiero, la tua opinione, il tuo punto di vista a tutti, giovani e anziani, operai e pensionati, casalinghe e impiegate. Il volantino costringe a mettere in chiaro le tue valutazioni, le tue proposte, le tue critiche, i tuoi programmi: è un esercizio di scrittura, di comunicazione, che dovrebbe tenere conto anche delle diversità dei tuoi interlocutori: dovrebbe essere comprensibile da chi ha gli studi superiori e da chi non non mai finito gli studi, o magari li ha appena iniziati. Naturalmente il volantino ti costringe a un esercizio di duttilità, di elasticità, perché deve tenere conto di dove e quando il tuo messaggio scritto viene distribuito; magari anche delle discussioni che hai fatto in quel quartiere, in un momento precedente, in una determinata situazione. E’ evidente che la distribuzione del volantino può anche impegnarti a sostenere una discussione, per cui non può essere distribuito come un annuncio commerciale. E’ utile per prepararsi ad avere gli argomenti giusti per dialogare e possibilmente convincere della bontà delle tue posizioni politiche. E spesso il dialogo prende spunto dal soggetto del volantino, ma spazia su tutte le vicende nazionali e locali. Un partito dovrebbe avere tutte le settimane migliaia di persone che distribuiscono volantini: l’ascolto e la partecipazione si fanno reali, entri in contatto con persone in carne ed ossa.
“La colpa, caro Bruto, non è nelle nostre stelle, ma in noi stessi” “Buona notte e buona fortuna”
Luigi Corbani
(venerdì 24 gennaio 2020)