Non possiamo assistere inerti, fare da semplici spettatori, davanti al risultato elettorale di una città in cui metà dei suoi abitanti sono indifferenti, chiusi in se stessi, e forse preoccupati, ma senza fiducia nella politica e nell’amministrazione comunale. Metà dei milanesi pensa che il loro futuro non dipenda dalla politica e che il Comune non possa far niente per loro.
Un assenteismo preoccupante. Era già successo con Albertini nel 2001 e con la Moratti nel 2006 che il sindaco venisse eletto al primo turno. Albertini per il suo secondo mandato nel 2001 prese 499.020, più di quanti hanno votato a Milano domenica scorsa (491.126) e oltre 224.000 voti più di Sala 2021. Moratti prese quasi 80.000 più di Sala 2021: 353.862.
Tanto per ricordare, visto che si parla di “risultato storico”, Formentini nel 1993 prese al primo turno 346.537 voti, Pisapia sempre al primo turno ne prese 315.862, oltre 41.000 più di Sala 2021.
Il dato veramente storico è che un milanese su due non è andato a votare: oggi gli aventi diritto sono l’84% e i voti validi sono il 48% di trent’anni fa, prima della introduzione della elezione diretta del sindaco. In questa tornata hanno votato, per il sindaco 477.608 milanesi pari al 46,40% degli aventi diritto, e per le liste 449.563 milanesi pari al 43,68% : solo nel municipio 3 (Città Studi-Lambrate-Venezia) sono stati superiori alla metà: il 50,87%. Nel Centro Storico il dato più basso: 44,59%.
Sala votato da un milanese su quattro. In sostanza, il sindaco è stato eletto da un quarto dell’elettorato. E un Sindaco avveduto dovrebbe tenerne conto, poiché non è vero, in politica, che l’assente ha sempre torto.
Questo assenteismo indica disaffezione, indifferenza, apatia, delusione, disinteresse e distacco dalla politica e dalla cosa pubblica. E la stessa campagna elettorale, sommamente insulsa, non ha suscitato né attenzione né curiosità. Indubbiamente, ha pesato la mancanza di validi candidati alternativi e un risultato dato per scontato nella competizione, in ragione della scelta, in ritardo, del centrodestra di un candidato improponibile.
Ha pesato la mancanza di una opposizione nei cinque anni trascorsi; troppi candidati all’ultimo momento, quasi fuori tempo massimo; così l’appiattimento dei “quotidiani di informazione” e la compiacenza verso la attuale giunta di potentati economici, finanziari e immobiliari, che non volevano che si disturbasse il manovratore, peraltro assente sulle questioni essenziali per i cittadini, come la salute, la casa e le periferie.
Sulla politica e l’amministrazione, in questi anni e nella competizione elettorale, ha prevalso il marketing politico. Un voto conservativo, come dimostra anche, la mancanza di un vero confronto politico sui risultati (quali?) dell’amministrazione uscente, sui temi della città e dell’area metropolitana.
Sala ha vinto facile. Sala ha vinto dunque con il 57,73% dei voti validi (277.478): ha preso oltre 50.000 voti in più del 2016.
Successo dovuto al suo carisma? O dovuto al fatto che in questi anni di gestione del Comune ha ottenuto strabilianti risultati? O dovuto al fatto che nella lunga campagna elettorale che ha avviato durante la pandemia, ha suscitato entusiasmo e partecipazione? O perché non aveva degli avversari? O perché non c’è niente di meglio di una politica di destra fatta da uno che si presenta di sinistra? O forse per il fatto che il PD ha preso 6.367 voti in più del 2016 e le liste collegate hanno preso 32.886 voti in più del 2016 ?
Mi sembra innegabile che Sala abbia pescato voti nel centrodestra, che sarebbe buona cosa in sé, se non fosse per l’ambiguità della sua amministrazione, disattenta al patrimonio pubblico e aperta in maniera esagerata agli immobiliaristi privati. La lista “Beppe Sala Sindaco” si afferma al quarto posto, dopo PD, Lega e Fratelli d’Italia, con 41.135 voti pari al 9.15%. Un amico mi dice che fra gli eletti di questa lista c’è uno che forse non sa neanche cosa sia il Comune.
Per Sala l’incremento maggiore dei consensi (rispetto al 2016) è venuto dai municipi 2 , 3 , e 1 , a scalare poi nel municipio 4 , nell’ 8 , nel 6 , nel 9 , nel 7 e poi l’incremento minore nel municipio 5 (Vigentino-Chiaravalle-Gratosoglio: +15,79%).
L’affermazione del Pd e delle liste fiancheggiatrici di Sala. Ed è sintomatico che il PD (33,89%, +7,38% sul 2016) guadagni poco più di 6.000 voti sul 2016: guadagna principalmente nel municipio 3 (Città Studi-Lambrate-Venezia:+2.425 voti), nel 4 (Vittoria-Forlanini: +2.291), nel 2 (Stazione Centrale-Gorla-Turro-Greco-Crescenzago: +1.625) , nello 1 (Centro Storico:+1.1124) ed è quasi stabile nei municipi 8 (Fiera-Gallaratese-Quarto Oggiaro: +162), nel 6 (Barona-Lorenteggio: +112), nel 9 (Stazione Garibaldi-Niguarda:+3) e perde nei municipi 7 (Baggio-De Angeli-San Siro: -215 voti) e 5 (Vigentino-Chiaravalle-Gratosoglio: -1.160).
L’apporto maggiore a Sala, come detto prima, viene dalle liste fiancheggiatrici (23,08%, +10,22% sul 2016, quasi 33.000 voti in più) che hanno avuto un aumento medio di oltre 3.600 voti in ogni zona della città, con la punta massima nel municipio 8 (+4.522 voti).
Un centro destra inesistente. Mi sembra certo che l’astensione abbia colpito soprattutto il centrodestra, che ha pagato il candidato presentato fuori tempo massimo, la assenza di una credibile opposizione nei cinque anni precedenti, e la diffusa sensazione di una vittoria scontata di Sala.
La Lega di fatto ha perso più di 11.000 voti (rimanendo quasi stabile al 10%, secondo partito della città). La débâcle è di Forza Italia che perde oltre 70.000 voti, passando dal 18,51% al 7,08%: si tenga conto che l’altra volta il partito di Berlusconi aveva il candidato Stefano Parisi, che fece un recupero pazzesco fino ad arrivare al 40,78% a meno di 5.000 voti dal risultato al primo turno di Sala.
Il maggiore incremento l’ha avuto Fratelli d’Italia che è passato dal 2,21% al 9.77% con 31.736 voti in più del 2016, conquistati in progressione dal municipio 1 (+ 2.003) ai municipi 4 (+4.032), 7 (+4.110), 8 (+4.827) al 9 (+4.323). La distanza tra Lega e Fratelli d’Italia era di 47.207 voti nel 2016: oggi si è ridotta a 4.394 voti e nel Centro storico il partito della Meloni supera la Lega di Salvini.
Comunque, per il bislacco sistema elettorale la Lega passa da 4 a 6 consiglieri e Fratelli d’Italia da zero (poi due, con il ritiro dal Consiglio di Parisi e il subentro dell’immarcescibile De Corato, e l’arrivo di un consigliere di Forza Italia ) a cinque. Forza Italia scende da 8 a 3, il partito di Lupi (Milano popolare) conserva un consigliere (che è il quarto più votato in termini di preferenze: 2.629) Bernardo oltre a sé stesso porta un consigliere (Manfredi Palmieri: 328 preferenze). In totale il centrodestra aumenta i suoi consiglieri comunali, di due unità.
La scomparsa delle 5S. Questo risultato consiliare, oltre al folle meccanismo elettorale, è dovuto alla scomparsa delle 5Stelle, che passano da tre consiglieri a zero. La sconfitta è sonora: da 52.504 voti pari al 9,54% a 12.517 voti pari al 2,79%: -39.387 voti. Nel passato andavano dall’ 8,43% del municipio 3 all’ 11,38% del municipio 9: oggi sono stati abbandonati in media da 4.800 persone in ogni municipio. Nel municipio 1 dove avevano il 4,68% (il risultato più basso) sono scesi al 1,16%. Si è tanto parlato di loro prima del voto, per arrivare a un risultato che dimostra solo la volubilità dell’elettorato, e di quello grillino in particolare.
Fine di una presenza storica. Anche la scomparsa della Sinistra “Milano in Comune-sinistra e costituzione” ha contribuito a ridisegnare il Consiglio comunale, che aveva la storica presenza di Basilio Rizzo, il quale non si è più ricandidato dopo 38 anni di presenza in Comune a Milano, dal 1983: è passato da Democrazia Proletaria ai Verdi Arcobaleno, dalla lista Dario Fo alla Sinistra per Pisapia e infine in “Milano in Comune”.
Era in competizione per il record di presenza in Consiglio, con Riccardo De Corato, imperitura presenza del MSI: in consiglio comunale dal 1985 al 2016, dal 1997 al 2011 vicesindaco e in contemporanea senatore dal 1994 al 2006, deputato dal 2006 al 2013, e poi dal 2013 ad consigliere regionale ed oggi anche assessore alla sicurezza. La cosa curiosa è che quelli antisistema, si sistemano a vita nelle istituzioni.
Il mio ideale, il mio faro (anche perché ama la musica classica ed è sempre rimasto “verde”) è Carlo Monguzzi, oggi di nuovo in Consiglio Comunale con “Europa Verde” : lo era stato dal 2011 al 2021 con il PD ed era già stato consigliere regionale per quattro legislature con i Verdi dal 1990 al 2010. Chapeau, e spero che faccia l’assessore: c’è bisogno della sua esperienza e della sua autonomia di giudizio.
Un nuovo sistema elettorale. Il Pd, pur vincendo le elezioni, perde due consiglieri comunali, passando 22 a 20; PD che comunque è superpremiato dal meccanismo maggioritario.
Per quanto non mi siano “simpatici”, trovo assurdo che le 5S con 12.517 voti o Paragone con 12.366 non abbiano nessun consigliere.
Un sistema elettorale che restituisca funzione, di indirizzo e di controllo al Consiglio comunale, dovrebbe essere basato, ferma restando la elezione diretta del Sindaco, sulla ripartizione proporzionale dei seggi, su una maggiore rappresentatività dei cittadini, che anche per questo si distaccano dal voto: hanno spesso paura che il loro voto sia “inutile”, che non conti nulla. E in effetti il sistema attuale butta via più del 7% dei voti, che così non hanno rappresentanza in consiglio comunale, mentre altri voti “pesano” di più. Si aggiunga poi che con l’abbassamento del numero di firme necessarie per presentare le liste., abbiamo avuto 13 candidati sindaco e 28 liste, con una ulteriore dispersione del 7% dei voti.
Facendo una ripartizione proporzionale dei seggi, l’attuale coalizione vincente avrebbe comunque la maggioranza, 29 su 48, ovvero ne perderebbe due rispetto all’attuale sistema. Ma ci sarebbe una maggiore e più equilibrata ripartizione interna: PD 17 (-3), Beppe Sala sindaco 5(=), Europa Verde 3 (=), i Riformisti lavoriamo per Milano 2 (=), Milano in salute 1 (=), la Sinistra per Sala Milano unita 1 (+1). Quest’ultima, oggi, con capolista l’assessore Paolo Limonta (1281 voti di preferenza) con 7.017 voti, è fuori dal Consiglio comunale.
La opposizione avrebbe 19 consiglieri (due in più): Lega Salvini 5 (-1), Fratelli d’Italia 5 (=), Forza Italia 4 (+1), Lista Bernardo 2 (=), Lupi Milano Popolare 1 (=), 5S 1 (+1), Paragone 1 (+1). In definitiva, sarebbe un Consiglio comunale più rappresentativo delle sensibilità dei cittadini, con un minimo aumento dei gruppi consiliari di 10 a 13.
Aggiungo che sarebbe auspicabile che gli assessori siano consiglieri comunali, votati dal Consiglio Comunale, su proposta del sindaco: a proposito di costi, si risparmierebbero dodici compensi di consiglieri comunali, pressapoco un milione e mezzo di euro per mandato.
Elezione diretta del Sindaco metropolitano. Il tema dei cittadini che risiedono nell’area metropolitana e che vengono a centinaia di migliaia ogni giorno a lavorare e studiare è stato praticamente assente. Una visione angusta dei puri confini amministrativi di Milano è quanto di più deleterio si possa immaginare: la fortuna di Milano e il suo futuro stanno nella simbiosi con quello che si chiamava “hinterland” ma che tale non è: è Milano, è la città. Se all’estero interrogano un cinisellese, questi risponderà che è di Milano.
L’area di Milano ha una popolazione residente di 3 milioni e trecentomila persone che vivono in 133 comuni su un territorio di 1.500 chilometri quadrati: questa è la fortuna di Milano, che ci ha consentito di superare le crisi economiche e sociali. Per di più, se si crea una città per ricchi, espellendo giovani, giovani coppie e ceto medio, avremo seri problemi anche di convivenza civile, come indicano recenti episodi e la storia anticipatrice delle altre grande metropoli estere, con conflitti tra centro e periferia.
Ora, il Consiglio e la Conferenza metropolitana hanno definito e deliberato d’intesa con la Regione, le aree omogenee richieste dalla legge Del Rio e sono otto: Milano con i suoi 9 municipi, Adda Martesana, Alto milanese, Magentino e Abbiatense, Nord Milano, Nord Ovest, Sud Est e Sud Ovest. A questo punto bisogna adottare, e capisco bene perché non è stato fatto dal 2017, quanto previsto dall’articolo 22 della suddetta legge Del Rio:
“per le sole città metropolitane con popolazione superiore a tre milioni di abitanti, è condizione necessaria, affinché si possa far luogo ad elezione del sindaco e del consiglio metropolitano a suffragio universale, che lo statuto della città metropolitana preveda la costituzione di zone omogenee,ai sensi del comma 11, lettera c), e che il comune capoluogo abbiarealizzato la ripartizione del proprio territorio in zone dotate di autonomia amministrativa, in coerenza con lo statuto della città metropolitana.” Questa elezione diretta del Sindaco e del Consiglio metropolitano sarà un obiettivo dei prossimi mesi, su cui insisterò fino alla soluzione del problema.
Le sorprese delle preferenze. Comunque, anche in queste elezioni si registrano delle belle sorprese: nella lista per Sala, vedo che non è stata eletta Roberta Guaineri, ex assessore allo Sport, 956 preferenze, e neppure Enrico Fedrighini (1.006 preferenze).
Nella lista del Pd viene eletto Carmine Pacente detto Piacente (così è scritto nella lista elettorale): ho assistito ad un incontro in cui vantava le sue qualità di “intercettatore dei fondi europei”, non una parola sulle questioni di Milano. La cosa impressionante è che era presentato dal senatore Alessandro Alfieri e, giunto appositamente da Roma con ripartenza immediata, dall’on. Piero De Luca, alla prima legislatura ma già vicepresidente del gruppo PD alla Camera dei deputati, e figlio di Vincenzo De Luca, presidente della regione Campania: li accomunava l’amore per il Cilento, terra di provenienza di entrambi, Milano non c’entrava nulla. Il mio amico, Attilio Gusmaroli, che organizzava l’incontro, si è dovuto presentare da sé, ha parlato di questioni amministrative, di vigili urbani e sicurezza, di apertura al sabato degli uffici comunali, di casa della salute, di commercio e di cultura, con competenza, visto che collabora con una bellissima e straordinaria libreria di musica “Birdland”, creata dalla moglie: non è stato eletto e mi chiedo che senso ha candidare un manager di aziende nazionali e multinazionali, ingegnere esperto di telefonia, se non lo sostieni per avere, nel municipio del centro storico, una persona di prim’ordine, anche con competenze di gestione amministrativa, visto che è stato assessore – al personale, al commercio, alla polizia municipale, allo sviluppo occupazionale – di un Comune dell’area metropolitana.
35% di donne. Sembra che in “Europa verde” sia stata eletta una candidata che ha riportato un numero di preferenze pazzesco: 187.
Meno male che è una donna e quindi contribuisce a raggiungere la cifra di 17 donne elette su 48, pari al 35%: 8 nel PD, 3 nella Lega, 2 nei Verdi e 2 nei riformisti, 1 nella lista di Sala e 1 di Fratelli d’Italia (assurta quest’ultima agli onori delle cronache recenti).
Spero che nella formazione della Giunta si vada oltre il 50% di presenza femminile, sarebbe un bel segnale di attenzione e sensibilità verso i problemi che le donne devono affrontare anche nella città più “europea” d’Italia. Personalmente, spero sempre che le donne in Consiglio Comunale a Milano siano almeno il 50%, superando la presenza femminile del Parlamento svedese (47%) e di quello islandese (47,6%).
I “riformisti: Lavoriamo per Sala” Mi fa piacere che nella lista “i riformisti lavoriamo per Milano” entrambe le elette siano donne. Mi spiace che questa lista abbia preso solo il 4 % dei voti, la metà della lista “Beppe Sala sindaco” e un punto in meno di “Europa Verde”. Lo sforzo congiunto di Azione, Italia viva, +Europa e Alleanza civica, purtroppo, non è stato premiato come ci si aspettava. Penso che ci sia stato un po’ di “cannibalismo” sia nella formazione delle liste fiancheggiatrici di Sala che nella campagna elettorale.
La presenza di Lisa Noja e di Giulia Pastorello in Consiglio Comunale è un bene per la città, secondo me: ho avuto occasione di ascoltarle, più volte, e ho trovato i loro ragionamenti convincenti e le loro idee della città utili a disegnare una attività amministrativa che superi le disuguaglianze sociali e di genere che purtroppo non sono diminuite in questi anni.
Seguo con interesse un processo di unificazione dei “riformisti” (oggi tutti si considerano riformisti o, per altri versi, tutti si dichiarano ambientalisti), ma dubito che il processo abbia un qualche sbocco positivo se non si rompe il legame con il personalismo di alcuni leaders nazionali.
E mi chiedo che cosa faranno gli esponenti di questa lista quando vedranno, come si intravede da vari segnali, che il sindaco darà il via libera alla costruzione del megacomplesso edilizio attorno al nuovo stadio, con l’abbandono dello stadio di San Siro. Ricordo a me stesso che il Real Madrid ha deciso di ristrutturare lo storico “Bernabeu”, non di fare un altro stadio.
A proposito, siete proprio sicuri che Sala non si annoi prima dei cinque anni di mandato o che si ritrovi senza motivazioni e stimoli, come è già successo, a suo stesso dire? Del resto da qui al 2026, ci sono le elezioni politiche, regionali, ed europee e poi svariati incarichi pubblici a cui una persona ambiziosa e sicura di sé potrebbe ambire, vista la dimensione della città troppo ridotta per le sue capacità.
Senza avversari, Sala ha vinto, ma la mancanza di opposizione è un problema democratico, aggravato da un sistema che affida al Sindaco tutti i poteri.
Grande delusione. Anche per questo mi sarebbe piaciuta la presenza in Consiglio comunale di Giorgio Goggi. E il suo misero risultato elettorale è la mia delusione più grande. E la mia amarezza è ancora maggiore per aver conosciuto una persona, brava e competente, come Goggi, e perché non è stata premiata una campagna elettorale fatta di contenuti veri e di proposte convincenti. Anche nelle sue dichiarazioni post voto si trovano i suoi tratti di serietà, di preparazione e di passione politica e di senso civico: ”esprimevo la convinzione che la direzione di sviluppo presa dell’urbanistica milanese, tra eccesso immobiliare e divisione sociale, avrebbe portato al declino della città…Questa situazione politica procurerà ben altri danni a Milano. L’età avanzata mi protegge, temo però di non essere vecchio abbastanza per non vedere la stella di Milano affossarsi nella sua bolla immobiliare”.
Penalizzato dalla scarsa attenzione dei giornali, sul risultato di Goggi ha pesato lo sforzo di presentare il “garofano”: sui socialisti sono stati incombenti e determinanti pregiudizi, anatemi, condanne, maldicenze e calunnie e il pensiero che fosse una operazione “nostalgica”. Ma il dado è tratto e adesso non si può perdere tempo a chiedersi se era giusto o sbagliato presentarsi alle elezioni.
Adesso si tratta di andare avanti: con le proposte avanzate in campagna elettorale per i cittadini metropolitani milanesi e costruire una forza socialista, democratica e liberale, come Germania e Norvegia indicano. Non ho dubbi che si debba andare su questa strada, è quello che manca al Paese e che manca a Milano: si possono tentare tutti gli esperimenti, coniugare tutte le componenti più o meno riformiste, ma quella che da Milano deve partire non è una stagione di nostalgia del passato, ma una operazione che affronti le sfide del presente (sociali, economiche, ambientali, tecnologiche, di nuovi diritti individuali e collettivi) per costruire un futuro più giusto per tutti, per lo sviluppo economico e sociale, per la crescita civile e culturale della nostra società e dell’Europa, per l’ampliamento delle autonomie locali e regionali nell’ambito di una più diffusa sovranità europea e di una affermazione delle istituzioni europee sovranazionali, per nuovi rapporti internazionali. Senza attese messianiche, da Roma o da altre parti, bisogna andare avanti: per dirla con Shakespeare, “che cos’è più nobile, soffrire nell’animo per i colpi scagliati dall’oltraggiosa fortuna, o impugnare le armi contro un mare di affanni e combatterli fino a farli cessare?”
Il circolo culturale de “Il Migliorista” Bisogna affrontare una lunga marcia nel deserto: negli anni novanta c’erano a Milano, tra sezioni di partito, circoli culturali e organizzazioni territoriali, più di quattrocento realtà in cui si discuteva, ci si confrontava, e il Consiglio comunale era lo specchio di questo pluralismo e di questa dialettica culturale, ideale e politica, che vedeva protagonisti, cattolici, liberali, comunisti e socialisti. Oggi è il deserto.
Non credo nei partiti personali, neanche nel culto della personalità (abbiamo già dato), ma un insegnamento la vicenda romana dovrebbe darcela: con un impegno assiduo, costante e puntuale, Calenda è riuscito ad avere un risultato elettorale straordinario, ha preso più voti dei grillini di Roma, Milano Torino, Napoli, Bologna, Trieste, Salerno, Novara, Isernia e Varese, messi tutti assieme. E, per inciso, se il Pd non fosse stato autoreferenziale, avrebbe puntato su Calenda, e avrebbe vinto al primo turno: vale la pena ricordare che Calenda era stato eletto nel parlamento europeo in una lista “PD-Calenda”.
Da oggi “il Migliorista” si mette al lavoro per un circolo culturale, che con continuità, provochi il confronto e il dibattito sulla città e sulla politica nazionale ed europea vista da Milano.
Guardando i risultati, mi sono ricordato (bei tempi quando da giovane studiavo queste cose!) di un principio del confucianesimo: la responsabilità individuale nei confronti del Paese è considerata più importante di qualsiasi altra cosa. Ebbene, bisogna fare qualcosa per risvegliare questa responsabilità, soprattutto a Milano.
Il solito gioco. Non entro nel merito del risultato elettorale complessivo (vedo che da nessuna parte si cita la Calabria), aspetto il voto di Roma e dei ballottaggi.
Noto solo che assistiamo al solito gioco all’italiana per cui si traggono conclusioni politiche sul governo e sulla politica nazionale come se un voto amministrativo, locale, di 12 milioni di persone fosse l’equivalente del voto politico di 40 milioni di persone. Incominciando dai talk show, manca sempre l’analisi differenziata dei fatti e degli eventi, dei risultati elettorali che sono diversi tra loro (politiche, amministrative, regionali ed europee), delle categorie politiche (conservatori, reazionari, fascisti, moderati, progressisti, riformisti). E riprende la litania sul bipolarismo, ahimè.
“La colpa, caro Bruto, non è nelle nostre stelle, ma in noi stessi” “Buona notte, e buona fortuna”
Luigi Corbani
(giovedì 7 ottobre 2021)
Bellissimo articolo,
La gestione autoritaria di Sala e della sua Giunta ha trasformato i cittadini in sudditi, convinti di non poter contare nulla.
I sudditi stanno sottomessi finché non fanno la rivoluzione; ma non si vede nessuna rivoluzione alle porte.
Occorre cambiare il sistema elettorale e abbandonare l’elezione diretta del Sindaco, altrimenti avremo altre manifestazioni di cesarismo.
Caro Luigi, condivido tutto e penso che dobbiamo reagire con immediatezza!