Sono molto felice che sia stato riaperto il Teatro Lirico dopo 22 anni: con la Verdi fummo gli ultimi utilizzatori del Teatro, che abbandonammo il 1 settembre 1999: il Comune non volle assegnarci il Lirico, che avremmo ristrutturato a nostre spese (e c’era lo sponsor). Ma questa è una storia che racconterò più avanti, quando la vicenda dello Stadio mi consentirà del tempo. Anche perché nei delitti pubblici non c’è mai il colpevole. Se guardate i giornali di questi anni, sembra che sia colpa del destino se il Lirico è stato chiuso da 22 anni. Ma i colpevoli hanno un nome e cognome ben preciso.
Comunque oggi c’è da rallegrarsi per la riapertura di un Teatro, simbolo di Milano. (Chissà perché invece si vuole demolire San Siro? Mah?!).
Mi spiace solo che questo taglio del nastro sia avvenuto commettendo due errori non da poco, che sono rivelatori dello stato della politica e della concezione delle istituzioni.
Il primo è la concezione della “continuità amministrativa”: se il Lirico si riapre lo si deve alla tenacia e alla determinazione di Carmela Rozza, allora assessore ai Lavori pubblici, che avviò l’appalto e i lavori di recupero del Lirico. E non mi sembra che sia sta invitata alla inaugurazione, così come il Sindaco Giuliano Pisapia, e l’assessore alla Cultura Filippo Del Corno, che hanno sostenuto nella Giunta la delibera con lo stanziamento di 16 milioni di euro.
Non è solo un problema di educazione, è un problema politico: la concezione per cui l’amministrazione comincia sempre dal presente, non ha un prima e un dopo. E onestà politica significa dare un riconoscimento a chi ha operato non sul breve termine (assillato dalla ricerca dei voti e del consenso elettorale), ma che ha fatto un investimento che andava al di là del durata del proprio mandato. La differenza tra i politicanti e gli uomini di governo (della città come del Paese) sta qui: quelli che fanno le cose per tornaconto politico personale, per il presente, in vista delle prossime elezioni; e quelli che lavorano per la città, per il futuro, oltre la data delle elezioni.
Il secondo errore colossale. Sembra che l’apertura sia merito del gestore, che si è preso il Teatro a 20.000 euro all’anno per i primi due anni. “Ma ha comprato gli arredamenti!” Mi dicono. Anche la mia libreria preferita si è comprata e fatta i suoi arredamenti, ma paga 30.000 euro all’anno di affitto, e come potete immaginarvi è molto più piccola del Lirico: sta in una cantina, messa a posto benissimo, ma non in via Larga, in un edificio publico.
Il gestore poteva giustamente e doveva presentare la stagione del Lirico ( che da quel che vedo, praticamente è stata fatta dal Comune)
Ma per la inaugurazione era il Comune che doveva essere in prima fila, visto l’impegno che ci ha messo per togliere il Lirico dalla chiusura e dalla agonia a cui l’insipienza di alcune Giunte precedenti l’avevano destinato. E in particolare gli uffici comunali che hanno fatto un lavoro straordinario, che smentisce ancora una volta l’idea che privato sia meglio del pubblico. Anzi, nel caso del Comune di Milano, quando si dà fiducia a dirigenti e funzionari, capaci e appassionati, ci ritornano dei risultati impareggiabili. E, ancora una volta, vorrei citarli: l’ing. Massimiliano Papetti (responsabile unico del procedimento), l’arch. Pasquale Mariani Orlandi (progettista e direttore dei lavori), l’ing. Fernando Iannone (progettista delle opere impiantistiche), e i direttori operativi il p.i. Bernardo Chiruzzi, l’ing. Gianluca Valitutto, l’arch. Vittorio Alfieri, l’arch. Stefania Masseroni e l’arch. Elisa Ballacci. E il loro merito è anche quello di essere stati dentro lo stanziamento a bilancio, nonostante intoppi e imprevisti che in una opera del genere sono sempre presenti. Di solito fanno scandalo gli sforamenti, il più delle volte comprensibili, peraltro; ma quando si realizza una opera stando dentro il budget e la cifra di assegnazione dell’appalto non se ne parla e i funzionari pubblici non vengono riconosciuti a sufficienza per il loro valore professionale ed anche etico, di attaccamento al bene pubblico.
Onore dunque al Comune, ai suo funzionari, e a Giuliano Pisapia, alla sua giunta e in particolare a Filippo Del Corno e a Carmela Rozza.
“La colpa, caro Bruto, non sta nelle nostre stelle, ma in noi stessi” “Buona notte e buona fortuna”
Luigi Corbani
(Domenica 19 dicembre 2021)
Uno scandalo senza colpevoli: il Teatro Lirico chiuso da ventidue anni
Grande, lezione politica storica morale di Luigi corbani
Ha perfettamente ragione, uno dei pochi che parla chiaro, speriamo che l’ascoltino in molti
Da cittadino che ha vissuto quegli anni e da ex collaboratore dell’Orchestra Verdi una domanda: perché l’Ammistrazione comunale di allora monnha voluto assegnare il Lirico alla Verdi che,a quanto leggo, aveva anche lo sponsor per ristrutturarlo?
La lucidità di questo articolo uccide la politica Italiana, tutta, ma anche l’ormai consolidato atteggiamento generale di dimenticare chi lavora seriamente, quello che conta sono i like, ho paura di questo. Per fortuna esiste ancora qualcuno che riesce ad avere la lucidità e il coraggio per denunciare le ingiustizie (anche queste sono ingiustizie). Grazie dott. Corbani per farci pensare.
La riconoscenza non ha più valore politico. La Storia non viene considerata un fattore che determina la realtà
Ricevo e pubblico volentieri: Caro Luigi, in merito al ruolo della Giunta Pisapia per il recupero del Teatro Lirico, ti confermo che la scelta allora fu totalmente politica, tanto che si consumo’ in quell’occasione il primo durissimo scontro tra gli assessori “arancioni” D’Alfonso, De Cesaris Castellano e Benelli versus Stefano Boeri nella sua versione di capodelegazione di un silentissimo Pd in Giunta, opponendosi alla sua idea di gara pubblica e alienazione del bene nello stato disastroso nel quale si trovava ( in continuità con con la classica formula della Moratti “diamo tutto ai privati” per non mettere soldi pubblici ) e imponendo l’impegno di 10 milioni di euro (mi pare) per i lavori di ristrutturazione da quello che l’archistar in veste di assessore (mestiere che non ha mai saputo nemmeno da che parte iniziasse a doversi fare) considerava “suo budget” personale . In quelle riunioni feci una delle mie solite lunghissime pippe ricordando il ruolo di Greppi, Ghiringhelli e Mario Colombo per la ricostruzione della Scala (citazione allora non così di moda come adesso), teorizzando e praticando quella continuità amministrativa ambrosiana allora realizzata perfino fra l’ultimo podestà repubblichino ed il sindaco della Liberazione. Grazie per aver ricordato la necessità, oltre che l’utilità, di una memoria delle scelte politiche prima che tecniche che sono la cifra del municipalismo riformista ambrosiano. Troppo spesso, per un malinteso understatement i primi a dimenticare quel che è stato siamo stati noi che abbiamo avuto un ruolo nella cronaca municipale ambrosiana : come nella dotta citazione di Corbani, “La colpa, caro Bruto, non sta nelle nostre stelle, ma in noi stessi” “Buona notte e buona fortuna” Franco D’Alfonso